La post-modernità viene diffusa dalla disinformazione pilotata dalle post-verità (post-truth) e dall’ignoranza

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Il sofista Protagora, filosofo greco del V secolo a.C., sosteneva che non esiste una verità oggettiva in quanto “l’uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono per ciò che sono e delle cose che non sono per ciò che non sono”. Secondo questa concezione ciò che ogni uomo ritiene che per lui sia la verità è vero. Ne consegue che la verità non esiste, o meglio che esistono tante verità, che soltanto con una buona dialettica si possono inculcare alle persone. È quel che si sta verificando, nella nostra epoca, a proposito dei terrapiattisti, dei no-vax, dei fautori delle scie chimiche rilasciate dagli aerei ad alta quota ritenute nocive per l’ambiente e per l’uomo, e di tutti quelli che non danno importanza alla ragione. Opinioni che sono indicate come post-verità secondo le quali le verità sui fatti che accadono sono ritenute di secondaria importanza, e sono percepite e accettate come vere solo le notizie che creano emozioni o soddisfano le percezioni istintive. Un esempio è offerto, nel palazzo Spada di Roma, dalla Galleria prospettica dell’architetto Francesco Borromini (1599 – 1667), la cui lunghezza reale è 8,82 metri che viene però percepita dall’osservatore come se fosse lunga 35 metri circa. Il filosofo siculiota Gorgia (483 – 375 a.C.) nell’orazione In difesa di Palamede sosteneva che Non bisogna credere a quanti esprimono opinioni, ma a quanti sanno; né bisogna considerare l’opinione più degna di fede della verità, ma, all’opposto, la verità più dell’’opinione. Il filosofo Platone (428/ 427 a. C. – 348/347 a.C.),  nel dialogo Teeteto, a sua volta, asseriva che l’opinione (o doxa), pur essendo democratica, è pericolosa quando non possiede la certezza obiettiva della verità, si ferma là e chiude le porte alla conoscenza. Essa, al contrario, risulta valida quando conduce la ragione alla conoscenza (sofia) o alla scienza (episteme). È bene precisare che non ci si riferisce alle verità assolute, ma a quelle di fatto, a quelle legate alla vita di tutti i giorni, per le quali non esistono interpretazioni. Successivamente, il filosofo Aristotele  (384 – 322 a.C.), formatosi nell’ambito del pensiero platonico, nella Metafisica formulava il principio di non contraddizione: «se una data proposizione risulta vera, allora non può essere vera anche la sua negazione». Ciò vuol dire che una proposizione non può essere contemporaneamente vera e falsa.

L’opinione non aperta alla conoscenza, fine a se stessa, diventa dunque una post-verità che non ha niente di oggettivo e si configura come consenso di massa alle teorie complottiste. Nel breve saggio Su verità e menzogna in senso extramorale (Adelphi Ed., 2015), il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844 – 1900) scriveva che “… le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete”. In definitiva, secondo il filosofo tedesco non esistono fatti, solo interpretazioni perché è vissuto in un periodo storico in cui c’era un susseguirsi di teorie scientifiche, ognuna delle quali inglobava o annullava quella precedente. Eppure nel I secolo a.C. il poeta latino Orazio (65 – 8 a.C.) nelle Satire già aveva sentenziato che Est modus in rebus. Sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum, che cè una misura nelle cose; ci sono certi limiti, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto.

E cos’è il “giusto”, oggi? In campo scientifico esistono i fatti che sono verificati sperimentalmente perché le percezioni del reale spesso ingannano; basta prendere come esempio il pianeta Terra che, come tutti gli altri pianeti del sistema solare, è sferico, non “piatto” come sostengono i terrapiattisti. Secondo il filosofo Maurizio Ferraris (Postverità e altri enigmi, Il Mulino, 2017) il sapere deve avere una dimensione etica ed una dimensione politica la cui integrazione risulta necessaria, oggi più che mai, al fine di evitare la prevalenza di un “sapere” intriso di menzogne (o post-verità), un “sapere” cioè che si fonda sull’affermazione del pensiero nietzschiano (o nicciano), ormai superato. Infatti, Maurizio Ferraris modifica l’asserzione del filosofo tedesco sostenendo che Ci sono fatti proprio perché ci sono interpretazioni. È un fatto che la terra sia sferica come è stato anche provato dai viaggi nello spazio; è un fatto che i vaccini, al di là di ogni possibile controindicazione, risolvono i problemi sanitari di una pandemia diversamente da quel che sostiene il popolo dei no-vax; è un fatto che il Sole sta al centro del sistema planetario con i pianeti, compresa la Terra, che gli girano attorno; è un fatto che grazie alla chimica l’umanità intera ha ottenuto moltissimi benefici altrimenti inimmaginabili. E così via. Tutto questo e altro ancora perché in campo scientifico non esistono semplici opinioni (quel che Platone, come già detto, chiamava doxa), ma esistono conoscenze e competenze nei più svariati campi indagati dall’intelletto umano dove uno non vale mai uno. Sta proprio qui l’inghippo che coinvolge una grande schiera di individui e che strumentalmente viene usato dai politicanti (e non dai politici) per scopi di avventure elettorali. E qui bisogna porre l’attenzione sul movimento ideologico, noto come post-modernismo, che mette in discussione non solo i principi fondamentali dell’era moderna (razionalità, metodo scientifico, fede nel progresso tecnologico) ma anche i comportamenti avanguardisti, e che cerca di recuperare soltanto i valori del passato, e basta. Accanto alla sfiducia nei confronti del progresso e di tutto ciò che è “nuovo”, nel post-modernismo esiste il rifiuto della razionalità, della Scienza e della Tecnica, e della realtà conoscibile mediante il metodo sperimentale sulla base della convinzione che il pensiero umano non è più in grado di fornire fondamenti e principi assoluti della conoscenza. Questi ultimi punti implicano una particolare nozione di ragione e di verità che investe il discorso di Ferraris riportato nel saggio citato.

In conclusione, bisogna chiedersi quali siano state le cause che hanno determinato questa ideologia. Probabilmente, nell’arco di un secolo, la Scienza ha avuto uno sviluppo così repentino che non è stato possibile diffondere le sue continue teorie e scoperte, né la Scuola pubblica è stata in grado di adeguarsi ad esso con un processo dinamico di insegnamento/apprendimento facilmente fruibile dagli studenti.

Francesco Giuliano


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).