Vita (poco) standard di un consigliere regionale

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Vita (poco) standard di un Consigliere regionale. Una biografia provvisoria in forma di intervista di Enrico Forte

L’uomo è creatura della narrazione: dalla nascita alla morte ciascuno di noi non fa altro che raccontare, raccontarsi e farsi raccontare delle storie; e questo infinito narrare ha un esito sorprendente, la costruzione sempre intrapresa e sempre rinnovata del senso del mondo e di noi nel mondo. (Giuseppe O. Longo)

     Raccontare la propria vita, attraverso una intervista articolata in tre sedute, non è una modalità narrativa semplice perché, come scrive Mario Michele Pascale nell’Introduzione del libro, dal titolo bizzarro e inusuale, Vita (poco) standard di un Consigliere Regionale. Una biografia provvisoria in forma di intervista (Mario Pascale editore), «presuppone sia la tranquillità di chi la svolge, sia di chi la subisce». Narrare sé stesso è un atto di coraggio intellettuale, morale e anche politico. Il bisogno di narrare da parte di ogni essere umano è un bisogno insopprimibile, universale, capace di comprendere, scoprire e interpretare profondamente sé stessi.

          L’intervistato, giovane uomo politico del territorio pontino, consigliere della Regione Lazio (per due volte), è Enrico Forte nato e vissuto nelle case popolari di Priverno che hanno determinato la sua crescita umana e sociale e inciso sulle sue scelte di vita.    L’interessante incipit del racconto biografico ha inizio con i ricordi indelebili delle letture infantili e adolescenziali e con l’identificazione con alcuni personaggi dei libri letti in quel periodo, come Lorenzo Garrone del libro Cuore di Edmondo De Amicis.

La narrazione della vita di Enrico Forte si sofferma nelle prime pagine sulla figura del padre Benito, una persona seria, «ingombrante, quadrata, poco incline al compromesso, con una forte personalità che ha ricoperto anche ruoli di grande responsabilità», nell’Azione Cattolica e nell’associazione di volontariato sociale e umanitario, Migrantes. La figura genitoriale del padre ha inciso profondamente su Enrico, ha condizionato positivamente la sua vita «nello slancio sociale, nella generosità e nella curiosità verso ciò che era diverso».

Il racconto prosegue con il trasferimento dal paese natio a Latina con l’impatto difficile con la nuova realtà territoriale; periodo caratterizzato dalla formazione scolastica e soprattutto dalla partecipazione giovanile alla vita politica e culturale della città.   Nell’intervista sono raccontate con tenerezza, pacatezza d’animo e coraggio le relazioni familiari con i genitori (Benito e Stella), con le tre sorelle (Maria, “la più quadrata”, Anna Elisa “la ribelle” e Paola “la più coccolata”) e in particolare con l’indimenticabile nonna Rosa, e la separazione dalla moglie e conseguentemente la sofferenza della figlia Ilaria, che ha saputo, crescendo, conquistarsi i suoi spazi di libertà, di autonomia e di equilibrio interiore.

Lo storytelling della vita di Enrico ha riguardato anche l’amicizia, la passione per il calcio, il tifo per la squadra del cuore, l’Inter di Helenio Herrera e di Sandro Mazzola, l’esperienza di bibliotecario vissuta con soddisfazione e con un pizzico di rammarico.

Nell’intervista l’uomo, il politico, l’intellettuale Enrico Forte affronta anche temi “alti”, di rilevante importanza come l’essere stato catechista, il problema della fede, la sua formazione cattolica, l’eredità paterna della laicità, la sua capacità di discettare sulle questioni riguardanti il rapporto dialettico tra il mondo comunista e l’universo cattolico.

L’intervista si sofferma con acume e capacità di analisi anche su spinosi problemi attuali come il fine vita, l’eutanasia, il ruolo delle donne nel mondo della religiosità cristiana.

Nelle risposte date alle incalzanti domande dell’intervistatore, Enrico Forte risponde con testimonianze di vita vissuta, con riflessioni personali acute e profonde, con lucidi ragionamenti, con storiche analisi (anche autocritiche) di vicende politiche vissute direttamente studiate e approfondite con letture “di peso”, con particolari aneddoti di incontri con persone conosciute in varie situazioni (nelle carceri, durante il servizio militare, nella pratica politica, nell’impegno come catechista).

Nella parte centrale dell’intervista, per molti aspetti la più interessante, la dettagliata conoscenza degli avvenimenti politici degli anni Settanta/Ottanta e Novanta mostra, da parte dell’intervistato, la passione per lo studio, lo spessore storico-culturale, la competenza politica, la conoscenza delle personalità più importanti dell’epoca e la capacità interpretativa e narrativa degli eventi più rilevanti di quel periodo (il sequestro e l’uccisone di Aldo Moro, la fine della Prima Repubblica, l’ascesa al potere di Bettino Craxi,  la vicenda di Tangentopoli, la nascita dell’Ulivo).

In questa parte dell’intervista Enrico Forte ricorda anche l’esperienza politico-amministrativa del Consigliere e Assessore al Comune di Latina e alla Regione Lazio e l’idea illuminante di dare vita a un progetto culturale legato non al mito della fondazione della città, ma alle sfide innovative della contemporaneità e al futuro della stessa città capoluogo, dal punto di vista del progresso e della modernità dell’Italia e dell’Europa. Con un sereno e lucido senso di autocritica Enrico Forte si attarda ad esaminare anche la sua esperienza di candidato Sindaco di Latina, caratterizzata da uno scontro fratricida, da errori di impostazione della campagna elettorale e soprattutto da una scarsa convinzione personale della candidatura voluta e promossa da altri.

Comunque l’idea dominante, convincente e condivisibile per molti lettori (me compreso) del pensiero politico di Enrico Forte, è ravvisabile nell’analisi dell’attuale classe dirigente che, priva di grandi riferimenti valoriali e ideali, di una visione politica illuminata e di un robusto pensiero politico culturale, «è molto lontana dalle sofferenze e dalla vita reale degli uomini e delle donne».

Nel seguire l’avvincente narrazione della vita di Enrico Forte, come lettore attento, mi ha felicemente sorpreso, con molta probabilità per alcuni miei “antichi” pregiudizi, di scoprire l’affermazione che il personaggio intervistato sia convinto e che abbia scritto che «nel socialismo ci siano le stesse ragioni che muovono l’impegno politico dei cristiani» … e che «Io mi sento pienamente socialista. Sento di essere all’interno di quella storia e di quella tradizione, che va sicuramente innata, ma che comunque è casa mia».

Nello storytelling Enrico Forte è riuscito sapientemente a raccontare la sua ricca esperienza esistenziale fatta di emozioni, sentimenti, intuizioni, aperture mentali, salutari autocritiche, pensieri, idee e riflessioni. Un libro coinvolgente, a tratti commovente, che, nella sua compattezza e unità di tono narrativo, invita il lettore a dialogare, a confrontarsi e ad approfondire problematiche e temi della «nostra contrada storica» utili per capire meglio noi stessi, come esseri umani, e il mondo che ci circonda.

Penso, al termine della appassionata lettura dell’intervista, che è possibile continuare a dialogare con Enrico Forte, con un “vecchio” (non in senso anagrafico) amico perché insieme abbiamo ancora voglia di ascoltare musica, leggere tanti libri e confrontarci in costruttivi dialoghi, per il nostro futuro di uomini liberi.

 

 

 


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