Nel saggio The Emerging Third Culture, John Brockman, ideatore della Terza Cultura (1998) scriveva: Negli ultimi anni il campo di gioco della vita intellettuale americana (ndr: Che può essere paragonata a quella italiana) si è spostato e l’intellettuale tradizionale ha assunto un ruolo sempre più marginale. Un’istruzione in stile anni cinquanta, basata su Freud, Marx e il modernismo, non è una qualifica sufficiente per una testa pensante del giorno d’oggi. […] La loro cultura (ndr: degli intellettuali), che disdegna la scienza, è spesso non-empirica. […] È perlopiù caratterizzata da commenti di commenti, e la spirale di commenti si dilata fino a raggiungere il punto in cui si smarrisce il mondo reale. Lo stesso Brockman, nel successivo saggio I nuovi umanisti – Perché (e come) l’arte, la politica, la storia e la filosofia devono tener conto delle moderne scoperte scientifiche (Garzanti, 2005), sulla base del difficile incontro tra scienze umane e discipline scientifiche, mette in risalto la straordinaria velocità con cui si sono conseguite le grandi scoperte e connesse tecnologie che vanno dalla biologia alla geologia, dalla fisica all’astronomia, dalla chimica all’informatica, dalla paleoantropologia alla genetica, dalle scienze cognitive alla psicologia. E ciò ha rivoluzionato il nostro sapere, le fondamenta su cui questo si basa e sulla metodologia con la quale esso viene trasmesso e fatto acquisire, e, in primis, l’idea che l’uomo ha di se stesso. Ovviamente, ne deriva che oggi la formazione scolastica, che prelude la formazione in generale, non può più essere basata sulla obsoleta divisione gentiliana delle discipline umanistiche da quelle scientifiche in cui c’era una particolare predilezione delle prime sulle seconde. Questa divisione, nella situazione attuale, configura un ostacolo al processo democratico, in quanto non contribuisce proficuamente ad una formazione che fornisca ad ogni individuo gli strumenti di base che gli permettano di potere orientarsi e leggere la realtà. Vengono a mancare, infatti, la facoltà di poter avanzare autonomamente critiche in senso costruttivo e la libera scelta consapevole di ogni cittadino. Ciò determina la mancanza di libertà perché la libertà è connessa con la libera scelta che rende ogni cittadino partecipe e responsabile nel momento in cui la realizza. Tuttavia, la libera scelta può accadere solo se si hanno gli strumenti cognitivi di saper interpretare la realtà. E per ottenere tali strumenti diventa necessaria un’istruzione adeguata che trasmetta una conoscenza basata su una fusione delle due branche culturali: quella umanistica e quella scientifica. Ne consegue che conoscenza e libertà sono direttamente proporzionali ed, essendo la responsabilità individuale connessa con la conoscenza, anche libertà e responsabilità sono direttamente proporzionali per la proprietà transitiva. Il premio Nobel per la chimica Roald Hoffmann, nel saggio La chimica allo specchio (Longanesi, 2005) sostiene che l’istruzione è un privilegio e un dovere per il cittadino e, che se non conosciamo i comportamenti basilari della realtà che ci circonda, e in particolare di quei componenti che gli esseri umani stessi hanno aggiunto al mondo, diventiamo degli «alienati». L’alienazione dovuta alla mancanza di conoscenza è un impoverimento. Essa ci fa sentire impotenti, incapaci di agire. Non comprendendo il mondo, possiamo inventarci misteri o nuovi dèi, un po’ come fece l’uomo in passato quando volle trovare spiegazioni per il fulmine e le eclissi, per il fuoco di sant’Elmo o le emissioni di zolfo vulcanico. Il filosofo greco Platone (libro X di Repubblica) descrive il mito del soldato Er per fare comprendere che la libertà è connessa con la responsabilità individuale: la responsabilità è di chi sceglie perché il dio non è responsabile. Ne deriva che se il cittadino o chi lo rappresenta, non avendo gli strumenti necessari per decidere, affida le sue scelte agli esperti a cui può ricorrere per farsi spiegare i vantaggi e gli svantaggi, le scelte, i benefici e i rischi, egli non ne diventa responsabile e affida “ad un presunto dio la responsabilità che dio non ha”. In un sistema democratico, la responsabilità di prendere decisioni non compete agli esperti ma, dopo averli sentiti e aver valutato attentamente le loro posizioni, spetta ai cittadini e ai loro rappresentanti che, in tal modo, esprimono liberamente la loro responsabilità e, nel contempo, la loro solidarietà con cognizione di causa. Anche per Aristotele (libro III di Etica Nicomachea) il concetto di libertà è connesso ad un’adeguata conoscenza di tutte le situazioni particolari che contornano la scelta: tanto più scrupolosa sarà quest’indagine tanto più libera sarà la scelta corrispondente. Quindi la libertà di scelta è connessa alla conoscenza. Secondo il filosofo le azioni volontarie sono quelle il cui principio risiede nel soggetto che conosce le condizioni in cui si svolge l’azione. E la scelta è un’azione volontaria.
Francesco Giuliano
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