C’ E’ Ancora Domani

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il cinema Brandetti

C’è ancora domani
di Paola Cortellesi è un bellissimo film girato in uno smagliante bianco-nero, una rivisitazione critica nonché sentita idest con sentimento del grande Neorealismo cinematografico anni ’50-’60 capofila “Domani è troppo tardi” (1950) di Vittorio De Sica con una dolcissima Annamaria Pieraneli -somigliante alla Cortellesi-, rivisitazione intelligentemente nostalgica nel senso che, ovviamente, oggi la nostalgia non può più intendersi come quella d’un tempo atteso che al presente ahinoi siamo ridotti ad avere nostalgia delle cose che abbiamo -meditate gente!-consapevoli che il presente lo devi tenere stretto tra le dita altrimenti come niente ti sfuma via e rimani col cerino acceso in mano (!). La regista ha inteso distillare il succo di una rara saggezza/umiltà intellettuale ossia l’abilità di utilizzare il “documento” di quel Neorealismo direi in chiave “filologica” scandagliandone gli aspetti più sottili e significanti, evitandone la lettura pedestremente intesa disponendone invece come tramite conoscitivo e divulgativo senza ombra di retorica evitando peraltro di incorrere nel “populismo” in un film che invece è decisamente “popolare”, in cui il popolo è quello reale non già “letterario” quello vero del mercato rionale, della bottega, della vicina di casa pettegola e impicciona, del vecchio padre-suocero in casa che, purtroppo, peso morto è etc. Insomma un popolo autentico come quello maleducato o “zozzone” delle poesia del milanese Carlo Porta diverso dal popolo per-bene del “cavaliere” Manzoni (!). Infatti nel contesto della letteratura il popolo della Cortellesi è genuino come quello del Porta (Poesie) e della sua ineguagliabile “Ninetta del verziere” venditrice di pesce al mercato, suo malgrado prostituta tanto che i passanti uomini ammiccando al proprio “pesce” la insultano! Guardando al presente eviterei il luogo comune dell’aggettivo “femminista” di per sé riduttivo o generico, lo direi piuttosto un film “beatricedificante” nel senso della Beatrice dantesca che dice all’uomo Dante “Io son Beatrice che ti faccio andare”, oggi è proprio il caso di sottolineare affan…(!). Un film crudo e al tempo stesso appassionato pensato e vissuto con la passione della Donna-Domina assolutamente padrona di sé e volente o no di lui gran coglione d’uomo, rubando e aggiornando il titolo del bel libro di Primo Levi “Se questo è un uomo” la risposta: uno stronzo (!) marito e padre-padrone, violento e barbaro (malmena la moglie), becero emblema di un maschilismo fottuto per fortuna oggi sia pure in parte arginato dalla esaltante “marcia” delle donne al grido di “Avanti donne /bandiera rosa-rossa/alla riscossa”! idealmente guidate da “Die ròte rosen-Rosa la rossa” la Luxemburg comunista appassionata gettata e affogata in un fiume. Toccante la sequenza del primo voto elettorale esteso alle donne nel ’46 con quell’espressione tra l’incredulo e lo smarrito, una egregia pagina “storica” di un film che a latere potrebbe ben dirsi anch’esso “storico” alla stregua -senza a nulla a pretendere- di un tal romanzo di cui il popolo è protagonista ove però il popolo è dabbene- l’equivalente della borghesia- a differenza del “popolaccio” del Porta, con i dovuti distinguo anche della Cortellesi attrice assai convincente nonché regista acuta e intellettualmente umile nel riferirsi con rispettosa discrezione ai grandi maestri del Neorealismo senza ombra di retorica e convenzionali citazionismi.
Nota a margine: eviterei di classificarlo un film “femminista” ritenendo l’aggettivo scontato e limitante a fronte della complessa orditura e costruzione, preferirei <un film di una donna per tutte le donne vere, audaci e combattive>…magari le femministe obietteranno che sono proprio loro ?! E vabbé !


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