“Cristo si è fermato a Eboli”, un film senza tempo che descrive un mondo fuori dal mondo ma nel mondo

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Titolo: Cristo si è fermato a Eboli

Regia: Francesco Rosi

Soggetto: Carlo Levi, Tonino Guerra, Francesco Rosi

Sceneggiatura: Tonino Guerra, Raffaele  La Capria, Francesco Rosi

Musiche: Piero Piccioni

Produzione Paese: Italia, Francia, 1979

Cast: Gian Maria Volonté, Lea Massari, Alain Cuny, Irene Papas, Carmelo Lauria, Paolo Bonacelli, François Simon, Francesco Callari, Antonio Allocca, Giuseppe Persia, Tommaso Polgar, Vincenzo Vitale, Luigi INfantino, Frank Raviele, Lidia Bavusi, Maria Antonia Capotorto, […]

 Cristo si è fermato a Eboli (1979), trasmesso su Rai Storia il 24 maggio scorso, è un film diretto da Francesco Rosi che, con il suo inimitabile stile raffinato e semplice, non urlato ma penetrante e diretto, descrive con profonda sottigliezza e sagace garbatezza la storia vissuta dal torinese Carlo Levi, pittore, scrittore e medico al tempo stesso, che, per le sue idee antifasciste e per la sua adesione al movimento  Giustizia e Libertà (1928) fondato da Carlo Rosselli, nel 1935, venne condannato al confino ad Aliano, un piccolo e povero paese della Basilicata, a sud di Eboli. È una storia il cui soggetto, estratto dall’omonimo romanzo pubblicato nel 1945, disegna i profondi tratti realistici del vissuto di Carlo Levi in un territorio rurale:  una terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose, Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli.

Carlo Levi (Gian Maria Volonté), accompagnato da due rappresentanti dello Stato, dalle bande rosse ai pantaloni e dalle facce inespressive, da giovane intellettuale viene condotto in quel paese, e indotto a scoprire una realtà a lui sconosciuta che, già dal paesaggio aspro e selvatico di un meridione senza tempo, giustifica il comportamento per isomorfismo dei suoi abitanti. Egli, infatti, viene inizialmente portato a impattare con una civiltà contadina, rurale, che lo costringe a vivere in solitudine perché nessuna donna poteva entrare, da sola, in casa. Glielo impediva il costume, antichissimo e assoluto, che è fondamento del rapporto fra i sessi. Una civiltà, dunque, piena di stranezze, in cui si trovano in modo bizzarro amalgamati il sacro con il profano da cui derivano credenze pagane con i gangli concatenati con l’ignoranza e con la superstizione – significativo, a riguardo, è il comportamento della domestica  Giulia (Irene Papas) che si rifiuta di buttare la spazzatura di notte perché l’angelo che c’è alla porta se ne andrebbe, o che non vuole farsi ritrarre perché il dipinto le avrebbe rubato l’anima –  che lo portano a percorrere un viaggio a ritroso nel tempo passato pur rimanendo nel tempo presente, così come egli stesso scrive nella prefazione del libro: Come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore. Nel momento in cui Carlo Levi prende coscienza di quel mondo si rende conto che il meridione non è la zavorra che impedisce più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia, come aveva già scritto Antonio Gramsci (1926) nel saggio “Alcuni temi della quistione meridionale”,  ma, al contrario, è lo Stato che ne impedisce lo sviluppo per mancanza di una politica generale mirata a rendere il meridione pari al resto d’Italia. Per quei contadini che conoscono solo il duro lavoro con la schiena sempre piegata sotto il sole cocente, lo Stato è un ente astratto, lontano, vago, ignoto, percepito come uno sfruttatore in quanto le istituzioni locali che lo rappresentano, e cioè il podestà (Paolo Bonacelli) e il brigadiere dei carabinieri (Frank Raviele) attraverso l’esattore delle tasse (Giuseppe Persia) che usa per la riscossione anche il baratto, vivono alle loro spalle arricchendosi, e perché ogni governo di Roma si sarebbe ricordato di loro solo alla riscossione delle tasse, cioè dei contadini. E quei contadini non si spiegano perché lo Stato debba spendere soldi nelle guerre (in quel tempo, leggere d’Etiopia) che portano solo morti e, invece, non si prodighi a migliorare le condizioni di vita del paese, tant’è che i precedenti episodi di brigantaggio  altro non sono stati che un eccesso di eroica follia, e di ferocia disperata: un desiderio di morte e distruzione, senza speranza di vittoria.

E, nel periodo attuale, caratterizzato dall’imperversare della diffusa infezione derivante dal virus Sars-Cov-2, che ha costretto tutti gli italiani al confinamento (lockdown) e alla sospensione di molte attività produttive per circa due mesi, emerge con forza la questione meridionale, tanto citata nei discorsi politici che la storia d’Italia riporta, a partire dall’unificazione, ma mai affrontata in maniera degna ed efficace, e il legame tra essa e il tema di questo film. Analizzando, infatti, i risultati statistici, la mortalità in Italia, tolte le quattro regioni, Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia,Romagna, è nei limiti delle risultanze di un comune stato febbrile dovuto al virus influenzale. Si scopre che le suddette regioni – in particolare la Lombardia – stanno pagando oggi con un numero elevato di morti una politica nazionale che è stata tutta volta a loro vantaggio dal punto di vista economico. Una politica generale errata che ha costretto i meridionali a migrare per motivi di sussistenza al Nord, dove è stato creato il più diffuso e intenso sistema produttivo del Paese. Ciò ha generato un impoverimento sia materiale che intellettuale delle regioni meridionali ed ha favorito un incremento della ricchezza delle regioni settentrionali ma, oggi, ha prodotto il più alto tasso di contagiati da Covid-19. L’alta concentrazione industriale, infatti, ha determinato al Nord un tasso di inquinamento così elevato che, oltre all’alta densità di popolazione (in Lombardia la densità è 421,6 abitanti/km2 mentre in Sicilia, che ha un’area di superficie maggiore di circa 2 mila km2 di quella lombarda, la densità è 250 abitanti/km2), rappresenta un fattore fondamentale che vi ha determinato il più alto numero di morti e di contagiati rispetto al resto d’Italia. Se, al contrario, la politica avesse favorito su tutto il territorio nazionale una delocalizzazione industriale del sistema produttivo, la situazione che si è verificata oggi potrebbe essere stata di gran lunga diversa in senso positivo:  ciò non è dimostrabile ma è molto probabile.

Carlo Levi entra, dunque, in contatto con gli abitanti di quel mondo fuori dal mondo ma nel mondo, che non giudica ma che col passare del tempo comprende. Egli si schiera dalla loro parte, ottenendo di essere il loro medico al posto dei medici del luogo, usando per la prima volta la sua laurea in medicina senza aver mai esercitato la professione.

Cristo si è fermato a Eboli è stato presentato, fuori concorso, al 32° Festival del Cinema di Cannes (1979) e nello stesso anno ha ricevuto due David di Donatello (miglior film e migliore regista), un Nastro d’Argento (migliore attrice non protagonista a Lea Massari), il Gran Premio al Festival del Cinema di Mosca ed ha ottenuto il Premio BAFTA 1983 (miglior film non in lingua inglese).

Filmografia

La sfida (1958), I magliari (1959), Salvatore Giuliano (1962), Le mani sulla città (1963), Il momento della verità (1965), C’era una volta (1967), Uomini contro (1970), Il caso Mattei (1972), Lucky Luciano (1973), Cadaveri eccellenti (1976), Cristo si è fermato a Eboli (1979), Tre fratelli (1981), Carmen (1984), Cronaca di una morte annunciata(1987), 12 registi per 12 città (1989), Dimenticare Palermo (1990), Diario napoletano (1992), La tregua (1997).

Francesco Giuliano

 


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).