Croce e Resurrezione

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Croce e Resurrezione                                                                di Gabriella Caramore e Maurizio Ciampa

Le immagini sono lame di pensiero e nodi d’irrequietezza, in grado di custodire modi diversi  il “paradosso” e lo “scandalo” di quella “folle combinazione” che è la croce. (Maurizio Ciampa)

Nella collana Pensare per immagini. Icone della nostra civiltà della Società editrice il Mulino, la studiosa e giornalista Gabriella Caramore, nota per la trasmissione di Radiotre, Uomini e profeti, e Maurizio Ciampa, scrittore e saggista, hanno scritto a quattro mani il volume Croce e Resurrezione dove si chiedono in maniera radicale che cosa significa oggi il racconto della Resurrezione a partire dalle «spine nel fianco del pensiero filosofico e teologico d’Occidente».

I due autori esaminano la Salita al Calvario (1564) di Pieter Bruegel il Vecchio e la Cena di Emmaus (1629) di Rembrandt, due opere che in maniera diversa portano, dentro la spirale della modernità, il racconto della Croce e della Resurrezione di Gesù. Questi due capolavori, tra i più famosi dedicati all’evento centrale del cristianesimo, suscitano le domande della fede cristiana attraversate dal dubbio.

Il saggio di Ciampa, nella prima parte, dedicata alla croce, prende inizio dall’analisi del quadro di Bruegel il Vecchio, la Salita del Calvario (Museo Kunsthistorisches di Vienna), dipinto che corrode tutte le certezze perché Cristo, che porta la croce, non è che «una scheggia dispersa» nella folla. L’artista olandese, infatti, nasconde Cristo «nello scomposto sciamare della folla», tra le numerose figure (ben 500) che lo accompagnano verso il Golgota.

Il racconto della Passione del pittore fiammingo, acuto osservatore di un’umanità in fermento, si divide in due parti: da una parte il Cristo, la croce e gli uomini che gli stanno attorno e dall’altra le donne dolenti con Maria e Giovanni, vestite in abiti preziosi. Si fa fatica ad individuare Cristo risucchiato da una folla in movimento che, al centro del quadro, occupata a fare tutt’altro, è la vera protagonista dell’opera di Bruegel che pare illustrare più una festa di paese che un evento drammatico.

Cristo è ignorato e accantonato, pur essendo il motivo d’ispirazione del dipinto. La sua presenza risulta infatti quasi superflua e la croce è raffigurata piccola. La Passione di Cristo, alterata in “festa,  scompare. E allora sorgono le domande: «Potrà mai risorgere questo uomo o questo Dio, trafitto dall’indifferenza? Attingendo a quale potenza vincerà la morte?»  Nel dipinto di Bruegel, accostato da Ciampa a diversi altri quadri sulla Crocifissione, la croce viene dimenticata e il Golgota appare come uno spettacolo.

In particolare il saggista si sofferma sulla Crocifissione dell’Altare di Isenheim di Matthias Grűnewald, «un Dio da obitorio», un Dio-cadavere, una potente immagine di orrore che secondo lo scrittore bulgaro, Elias Canetti, serve per ricordare gli orrori che oltraggiano il mondo. Nella tensione della pala è possibile cogliere l’urlo dell’abbandono del Cristo in croce, martoriato, dal volto contratto, e dipanare la matassa dei grandi interrogativi sullo scandalo della croce.

Il culmine dell’abbandono viene messo in risalto analizzando anche il Cristo morto nel sepolcro di Hans Holbein il Giovane, conservato nel Kunstmuseum di Basilea. In questo quadro, di fronte al cadavere devastato privo di vita, sorge il dubbio di come il Cristo possa vincere la morte.

Lo sguardo analitico di Ciampa arriva fino all’arte contemporanea, ai Crocifissi del pittore americano William Congdon che rifiuta il colore cercando di trovare la luce tra il buio delle guerre vissute, tra le sofferenze, tra la paura e l’angoscia delle morti a cui l’artista stesso ha assistito durante la sua movimentata esistenza.

Al termine del suo viaggio Ciampa ripropone il dubbio: «come può la piccola croce stringere fra le sua braccia il mondo e la sua caotica estensione, e come può riscattarla o redimerla?». Il biblista Gianfranco Ravasi afferma che «nella visione cristiana la via della croce non approda al colle della morte ma al monte dell’ascensione verso l’alto».

Nella seconda parte del libro la giornalista radiofonica, Gabriella Caramore, affronta il tema della Resurrezione analizzando il giovanile dipinto di  Rembrandt la Cena di Emmaus (Parigi, Museo Jacquemart-André), realizzato nel secolo d’oro della crescita e dell’espansione dell’Olanda calvinista.

L’artista olandese, che «lavora con le mani e pensa con gli occhi», nel piccolo quadro buio, mostra il suo valore e la sua forza pittorica con i colori e con il gioco dell’ombra con la luce.      Nell’episodio della Cena di Emmaus Rembrandt, «il pittore dell’ombra», in maniera geniale rappresenta attraverso l’ombra, la luce e il movimento, l’irrappresentabile: una figura, quella di Cristo, un risorto, un risuscitato che sparisce esprimendo forse così «il solo possibile modo di pensare la resurrezione nella modernità».

In piena libertà e con spiccata inventiva l’artista olandese, che sa ritrarre con verità vecchi, bambini e donne, raffigura l’invisibile, racconta visivamente, con coraggio, un evento, la resurrezione di un uomo innocente condannato ingiustamente alla crocifissione,

La resurrezione, intricato enigma di una tomba vuota che costituisce uno dei  pilastri della cultura d’Occidente, offre ancora oggi motivi di riflessione che inducono a pensare, che suscitano domande: «Che cosa accade a chi muore? Cosa c’è ancora dopo la morte? Che cosa è accaduto al profeta che aveva detto che sarebbe tornato?». L’evento della resurrezione, sempre raffigurato in epoche storiche diverse, richiede ancora di essere indagato.

Nella sua vastissima produzione artistica Rembrandt è stato irresistibilmente attratto dalla figura di Gesù risorto che ha rappresentato con maestria e stile realistico, nelle incisioni, nei disegni a penna, nelle tavole di legno a olio.

L’immagine della resurrezione, osserva Gabriella Caramore, conserva un significato profondo anche nel nostro tempo fatto di sfiducia e di disordine  perché ha un «un potenziale immenso da distribuire, di pietà e di speranza, di responsabilità e di amore per il mondo».

Croce e Resurrezione è un libro originale, profondo e straordinario per acutezza di analisi, che tutti dovrebbero leggere; un testo raffinato che nel suo itinerario artistico, letterario e filosofico, accompagnato da un magnifico corredo iconografico,  manifesta una notevole capacità di scavo.

 


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