Il grande forse

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Da Socrate ad Hal 9000 una memorabile antologia sull’arte del trapasso.                                                                            a cura di Alessandro Paronuzzi                                             Una certa cultura laica vorrebbe trasformare la morte in un evento banale, ma la morte non è mai banale: è solennità, è mistero. Ogni volta che muore qualcuno, un intero mondo scompare e si perde per sempre.                                                Remo Bodei

Il libro, Il Grande Forse. Da Socrate ad Hal 9000 (il megacomputer) una memorabile antologia sull’arte del trapasso, curato con attenta scrupolosità e scelta letteraria da Alessandro Paronuzzi (Ancora editrice) è un’ antologia che racchiude in ordine cronologico le pagine di autori che hanno descritto nelle loro opere il momento del trapasso, «l’uscita dal palcoscenico della vita di personaggi più o meno conosciuti che consumano le loro ultime ore offrendosi al mondo limitato, nel tempo e nello spazio, dei lettori».                                                                                                                                                                            Il famoso scrittore François Rabelais, considerato uno dei più importanti protagonisti del rinascimento francese, ha affermato: «Vado ad incontrare il grande forse». Nel corso della storia molti sono stati i poeti e gli scrittori, i letterati e gli artisti,  i filosofi e i teologi prescelti, antichi e moderni, che attraverso i loro personaggi, con grande acume saggistico e capacità descrittiva hanno destinato i loro momenti e i loro pensieri terminali a «una forma per quanto effimera d’immortalità».

Può sembrare strano per molti lettori la curiosità per il problema della morte, l’interesse per la fine della vita terrena e per le domande di senso riguardanti l’aldilà, l’oltre, la vita oltre la vita che da sempre hanno affascinato e intimorito gli uomini, ma il curatore nella premessa al libro scrive: «la morte nella letteratura è un argomento in un certo senso inesaurito ed inesauribile… L’uomo vive per morire. Quest’affermazione rimane centrale nel pensiero dell’umanità». Il filosofo Seneca, infatti, ha scritto: «Per tutta la vita bisogna imparare a morire. Ci vuole tutta la vita per imparare a vivere e, quel che sembrerà più strano, ci vuole tutta la vita per imparare a morire».

Per questo motivo dall’antologia del libro Il grande forse si possono ricavare considerazioni e riflessioni utili per orientarsi nel vivere quotidiano e per cercare di trovare e realizzare livelli di vita qualitativamente più alti.

L’antologia ha inizio con la morte di Socrate, raccontata con grazia e delicatezza d’animo da Platone, nel celebre dialogo Fedone. Commovente è la scena di addio del grande filosofo greco di fronte ai suoi allievi, in particolare di Crotone che, constatato la morte del grande maestro, gli chiude le labbra e gli occhi.                                                                                                            Seguono le struggenti pagine de Le confessioni di Agostino che insieme al fratello assiste alla dipartita di Monica, la madre che raccomanda ai figli di seppellire il suo corpo in un posto qualsiasi e prega loro di ricordarla «davanti all’altare del Signore dovunque si troveranno».                                                                                                                                                                   Altre pagine memorabili dei testi riportati sono quelle di Miguel de Cervantes (Don Chisciotte della Mancia), Johann Wolfgang Goethe (I dolori del giovane Werther), Honoré de Balzac (Papà Goriot), Nikolaj V. Gogol (Taràss Bul’ba), Gustave Flaubert (Madame Bovary), Alexandre Dumas (I tre moschettieri), Lev Tolstoj  (La morte di Ivan Il’ic), Anton Cechov (Reparto n.6), Thomas Mann (Morte a Venezia), Marcel Proust (La prigioniera), Albert Camus (La morte felice), Ernest Hemingway (Addio alle armi), Marguerite Yourcenar (Memorie di Adriano), Boris Pasternak (Il dottor Zivago), Gabriele D’Annunzio (La contemplazione della morte), Luigi Pirandello (Mentre il cuore soffriva), Vitaliano Brancati (I piaceri ), Cesare Zavattini (Io sono il diavolo) e altri.

Molti racconti ci hanno riportato ai vividi ricordi della nostra infanzia e al periodo della nostra formazione scolastica, quando si leggevano con spiccato interesse e curiosità, in casa e a scuola, i brani de La piccola fiammiferaia di Hans Christian Andersen, de La piccola vedetta lombarda di Edmondo De Amicis, de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, delle Confessione di un italiano di Ippolito Nievo, di Mastro Don Gesualdo di Giovanni Verga, de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi Lampedusa, de Il barone rampante di Italo Calvino e di Una vita violenta di Pier Paolo Pasolini.

Tutti i brani dell’antologia, per la loro bellezza letteraria e per la profondità del loro messaggio culturale, spirituale e umano, portano a condividere, in piena convinzione, il pensiero di Paolo Ricca, pastore valdese e teologo, che ha scritto: «Il mistero della vita dopo la morte è un mistero oscuro per chi non crede, un mistero rivelato per chi crede». La morte, ogni morte, è una lezione di vita e come afferma il filosofo francese Michel Montaigne «La morte, come il sole, non può essere fissata troppo a lungo».

 

 

 

 

        

 

 


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