LATINA- Con una società  modificata, ma esposta a pericolose involuzioni, col venire meno del tradizionale collegamento culturale tra politica e fenomeni sociali, persistendo il solco tra una evoluzione complessiva della Citta’ e la difficolta’ del governo di LBC, un eventuale dialogo con il PD si è sempre mosso su un filo sottilissimo.

E sono consapevole e convinto che era necessario di andare oltre una solidarieta’ politica di governo e rispetto ad una maggioranza quantitativa o di necessita’, giungendo ad una piu’ autentica maggioranza politica, non solo fondata sulla aritmetica di Consiglio.

Si è continuata ad avvertire in alcune posizioni, sia all’interno della maggioranza sia all’interno del PD, la suggestione di quella cultura e di quella analisi secondo cui un eventuale accordo farebbe aumentare la difficolta’ di governo della Citta’.

Questa semplificazione alla base di un accordo la ritengo irrazionale.

Come pure ho letto in tanti comportamenti locali, il segno concreto di una cultura del semplicismo e dell’opportunismo.

La scelta di Enrico Forte di aprire, invece, qualche mese fa, un dibattito politico con LBC merita apprezzamento per lo spirito con il quale è stato originariamente proposto, non da ultimo per sbarrare la strada a tutte quelle tentazioni di rivalsa dei Partiti del centro-destra.

C’era in quella proposta di dialogo tra LBC e PD una scelta meditata, il risultato di una analisi compiuta, di una strategia di lungo periodo non solo la registrazione di una maggioranza possibile.

Nel PD purtroppo persistono invece, e tendono a consolidarsi, anche in vista di nuovi assetti di Partito, orientamenti secondo i quali questa alleanza altro non poteva essere che uno stato di necessita’, un passaggio dovuto e precario in attesa delle alleanze future, che dovrebbero maturare in funzione anti-centro-destra.

Prefiguravo personalmente l’alleanza con LBC, non come un’antica cittadella democratica chiusa in se stessa, anche se allargata e rinforzata.

L’alleanza politica che si auspicava di costruire, anche con sacrificio di non archiviabili questioni di principio,poteva acquistare oggi, valore e respiro politico piu’ vasto se, pur governando il quotidiano e la difficile congiuntura di risanamento dei conti, si collocava in un comune disegno strategico che impegnava i due Partiti a farsi promotori, ciascuno con la propria peculiarita’, di un nuovo processo di crescita democratica, in un serrato confronto con l’opposizione, nell’obiettivo di creare le condizioni di proposizione amministrativa certa, attraverso un profondo rinnovamento della politica e del rapporto tra societa’, partiti e Amministrazione Comunale.

Non era l’ipotesi di un lavoro di ingegneria istituzionale.

Si trattava di realizzare, se possibile, un fatto politico nuovo.

Di avviare cioe’ un processo, cercando e creando un clima sereno di confronto e di possibili convergenze; di riflettere e decidere sui temi essenziali che riguardano insieme l’efficienza  e le regole di organizzazione della Citta’; di animare la spinta al rinnovamento del modo stesso di fare politica; di verificare in concreto, e non in base a pregiudizi astratti, la reale maturazione nelle forze politiche di maggioranza, di una consapevolezza adeguata e di una effettiva capacita’ di proposta rispetto alla domanda crescente di nuove necessita’ della Citta’. (Enzo De Amicis)

 


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