Il delitto del secolo? Probabilmente. Un risvolto in chiave pontina è noto a pochi. Il 9 aprile 1953 esce a metà pomeriggio dall’appartamento di via Tagliamento, a Roma, in cui vive con la famiglia e scompare. La ventunenne Wilma Montesi viene trovata morta sulla riva del mare di Torvaianica. Nessun segno di morte violenta, il decesso è stato causato da annegamento. Quella morte viene infarcita di retroscena scabrosi, innescati da una guerra sotterranea di matrice politica. Siamo nel 1953 e fra Democrazia cristiana e Pci è guerra aperta. Non solo, nella stessa Dc tramano correnti disposte a tutto pur di emergere. Sta di fatto che attraverso rivelazioni pilotate, nell’inchiesta finiscono Piero Piccioni, figlio di Attilio, ministro degli Esteri, democristiano ed il marchese Ugo Campagna.
Arrestati e processati (poi assolti) con l’accusa di aver organizzato orgette e nella tenuta di Capocotta (gestita dal nobiluomo) con donne compiacenti e droga. Wilma Montesi sarebbe morta durante un festino e sarebbe stato Piccioni a mollarla sulla spiaggia. Nulla di tutto questo. Tra i testimoni fu ascoltato un pontino, molto conosciuto a Latina, soprattutto per la sua attività legata al contrabbando di sigarette. Si chiamava Franco Papa, detto “Il contrabbandiere”, che riferì agli inquirenti di essersi recato sulla spiaggia di Capocotta per aspettare una barca carica di sigarette e di aver visto un uomo trasportare il cadavere della povera Montesi. La sua testimonianza non fu presa in grande considerazione, tornò a Latina e continuò il suo lavoro. In pochi si ricordano di quell’episodio ma il nome di Franco comparve su tutti giornali italiani dell’epoca.
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