LATINA – Ricorrere al traboccante sapere mitologico proveniente dalla penisola attica non deve essere considerata operazione oziosa. Attraverso il mythos, nella potenza aurorale e sorgiva della parola, si disvelano verità sempiterne, codici etici e comportamentali. Si potrà dunque cogliere un frammento della realtà odierna, esaminarlo attraverso l’ottica e le categorie concettuali del pensiero greco? Tale studio comparativo è certamente in prospettiva allettante, ma non può esaurire in maniera convincente l’intricato intreccio di relazioni umane ed economiche che nei secoli si sono cristallizzate ponendo in essere l’attuale sistema mondo. Non ci resta dunque che affinare la nostra lente ermeneutica, ricercando nel vasto mare magmum storico e sapienziale, non necessariamente delle risposte, ma quantomeno nuovi enigmi e dilemmi che possano accendere il lume della ragione, segregata negli antri del non-pensiero. La scena originaria che farà da sfondo alla nostra analisi è il dramma consumatosi nella Tebe classica e che vede come protagonista la giovane Antigone figlia dello sfortunato Edipo. Se si analizza acriticamente l’eroina dell’epos greco, si potranno trarre delle conclusioni ovvie, ma in virtù di tale ovvietà fallaci. Ho sentito sovente negli ultimi giorni accostare per una sorta di delirio, o tautologia isterica, il nome di Carola Rackete capitano della nave ONG Sea-Watch, a quello dell’Antigone. Come se per una sorta di deduzione apodittica, chiunque pretenda di violare le leggi dello stato, abbia il diritto ad assurgere ed esser annoverato tra i martiri della Iustitia. Bisogna dunque con indefesso acume, smascherare la realtà dalle insidie, dai tranelli e dalle sovrastrutture dell’ideologia. Anzitutto, dovremmo per onestà intellettuale, ricordarci che l’Antigone sofoclea è solo uno tra tanti componimenti che narrano delle sovversive gesta dell’eroina e delle fratricide vicende tebane. Difatti dal panorama culturale odierno, vengono frodolentemente silenziate ed estromesse tutte le versioni difformi del racconto, impossibilitate ad interconnettersi e a legittimare il paradigma dominante. Dove sono andate a finire le antigoni di Anouilh e di Bertolt Brecht? Perché queste non vengono neanche per sbaglio citate ed omaggiate? Anche in alcune opere di Eschilo ed Euripide, la figura di Antigone risulta essere determinante nello sviluppo della tragedia, eppure anche di questi autori non si è fatto cenno.

Ci si dovrebbe chiedere, chi è veramente Antigone? Può esistere un Antigone mitica ed una corrispondente storica?
Inoltre perché si fa uso e abuso dell’Antigone sofoclea a scapito di altre narrazioni egualmente virtuose? Rispondere a queste domande può servire a gettare le basi per affrontare le questioni dell’attualità, con sguardo metodologico dissenziente, non riducibile all’assordante ecolalia mediatica degli ultimi giorni. Per principiare tali considerazioni, sarà opportuno cogliere quali sono le isomorfie e le analogie che hanno permesso di operare un raffronto apparentemente cogente, tra due personaggi in realtà tra loro eterogenei. Se è vero che l’Antigone tragica sfida con prodezza le leggi ingiuste poste da re Creonte, è vero anche che è costretta a trasgredirle per un dovere morale, deve difatti onorare un codice comportamentale divino e trascendente. Seppellire il fratello Polinice macchiatosi di ignominia innanzi alla polis, è un atto necessario, Antigone è costretta ad infrangere le interdizioni politiche per asservirsi alle leggi divine che impongono doverosamente di onorare il corpo del defunto, concedendogli nonostante l’empietà una degna sepoltura. La pietas per i greci è un dogma che non può essere scardinato da nessuna legge promulgata da uomini mortali, in quanto fa riferimento ad una costellazione etica che non può essere subordinata alle leggi positive. In questo insanabile conflitto, tra oikos e polis, legge divina e legge positiva, si situa il nucleo fondativo della tragedia, questa è la scelta irreversibile che la protagonista è costretta a compiere, anche a detrimento della propria vita. Ora, a dir la verità non credo vi siano i presupposti per sovrapporre il profilo dell’Antigone sofoclea, a quello di Carola Rackete. Se l’Antigone sofoclea difatti rinuncia alla propria vita per asservirsi alla teodicea del pantheon greco, Carola Rackete non rinuncia a nulla, la capitana sceglie semmai di asservirsi alle leggi del capitale neoliberale e al suadente richiamo della vanagloria mediatica. Nonostante ben 14 giorni trascorsi in acque internazionali, la capitana invece di approdare tempestivamente in porti sicuri, decide di virare verso la penisola italiana per inscenare sapientemente un alterco con il ministro dell’interno Matteo Salvini.

L’attracco della Sea-Watch a Lampedusa può sembrare apparentemente essere figlio della necessità, ma se scrutiamo oltre l’ideologia dell’umanitarismo, notiamo che il periodo di permanenza in mare è assai prolisso, e che lo sbarco lampedusano era niente altro che un buon pretesto per provocare una tenzone massmediale. Non è un caso che tale avvenimento si collochi subito dopo l’approvazione del decreto sicurezza bis da parte del parlamento italiano, entrato in vigore nella seconda settimana di giugno. Non staremo in questa sede a discutere sulla liceità del decreto sicurezza, occorre però qui arguire che la capitana ha deliberatamente istigato e sfidato le leggi di uno stato nazionale, speronato una motovedetta della guardia costiera, e inscenato un dramma politico sul proscenio della propaganda e della chiacchiera, quando avrebbe potuto in maniera sicuramente più efficace alleviare le sofferenze dei migranti, evitando ai malcapitati una permanenza in mare di ben 14 giorni. Sarebbe difatti stato opportuno fare rotta quanto prima verso un porto sicuro, sappiamo che ve ne sono diversi tra il Nordafrica e il Mediterraneo, alla fine il cinismo camuffato dall’ormai languido umanitarismo ha prevalso. Carola Rackete, ha scelto di assurgere ad icona pop ed ingaggiare un redditizio scontro con il governo italiano, una partita che ahimè si è giocata sulla pelle di persone che meritavano di essere sbarcate quanto prima verso il primo porto sicuro. A corollario dovremmo dire che il profilo di Carola Rackete si discosta integralmente da quello dell’Antigone tragica, costretta a violare le leggi della polis per onorare la saggezza e il volere della tradizione. Carola ha ponderato razionalmente le sue scelte per trarne un massimale mediatico, allestito un sacrificio umano sull’altare dell’utile, perciò il suo profilo è notevolmente antitetico a quello dell’Antigone classica. Non tutto però è spacciato, se abbiamo operato una pars destruens adesso bisogna ricostruire i tasselli di questo mosaico attraverso una pars costruens. Sicuramente Carola non ha niente a che spartire con l’Antigone classica, tuttavia il profilo della capitana converge e si lascia sovrapporre a quello dell’Antigone del drammaturgo francese Jean Anouilh. Egli scrisse il dramma nel 1942 durante la resistenza francese, il personaggio di Antigone è riplasmato dalla penna di Anouilh, l’eroina che si erge di fronte Creonte è sensibilmente mutata nelle sue caratteristiche introspettive ed operative. La protagonista accetta di buon grado che il fratello Polinice venga accusato di essere un vile, e la cosa non la percuote più di tanto. Dunque la sepoltura in quest’opera risulta essere un rito fatuo, il fratello un miserabile, ogni gesto apparentemente vano. Ma quando Creonte domanda ad Antigone per quale motivo costei lo stia sfidando, senza esitazione l’eroina risponde incisivamente “per me”.

L’Antigone moderna dunque è cinica ed individualista, non è mossa da un desiderio di giustizia o da un dovere morale. Semplicemente il movente che la spinge ad infrangere la legge è dettato da dinamiche appartenenti all’ego cogito, al mondo interiore, in tali dinamiche è evidente che la questione della giustizia si dissolva. Con l’emergere del soggetto , è questo che vuole affermare sé stesso e il proprio universo di pensiero, senza stare a dissertare troppo su quisquilie giuridiche.
Si potrebbe dunque concordare con quella mole di analisti politici e opinionisti da salotto, che paragonano Carola Rackete ad Antigone. A patto che tale paragone non intacchi la sacralità della tradizione tragica e mitica, è vero, Carola assomiglia decisamente ad un Antigone, ma ovviamente non a quella sofoclea bensì a quella ricreata dalla penna di Jean Anouilh. Un Antigone moderna, che utilizza sovrastrutture ideologiche ed umanitaristiche, per ingrandire il proprio annoiato, borghese, smisurato ego.


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Mi chiamo Marco Mirabella sono nato a latina il 03/10/1996. Sono attualmente studente di storia e filosofia presso l'Università statale di Romatre, prevalentemente concentro le mie ricerche in storia della filosofia e delle dottrine politiche, non trascurando le implicazioni tra etica e scienza moderna. Seguo inoltre con particolare attenzione il cinema e le sue innovazioni. Ho collaborato con diverse associazioni culturali, in questo momento opero con la "Mameli7 onlus" Associazione attiva nel sociale.