ROMA – Chat con Palamara, azione disciplinare per 27 toghe, c’è anche il giudice Fava ora al Tribunale di Latina. L’annuncio del pg della Cassazione Giovanni Salvi. Iniziano a delinearsi le esatte dimensioni del terremoto politico-giudiziario che ha travolto la Magistratura Italiana sull’onda del caso di Luca Palamara, l’ex consigliere del Csm e presidente dell’Anm che il 9 ottobre scorso è stato radiato dall’ordine giudiziario ed è imputato per corruzione a Perugia.

Nel suo cellulare era stato inoculato un trojan e la montagna dei colloqui captati e delle chat scambiate con i colleghi sono state trasmesse dai pm perugini al Pg della Cassazione. Ora si è saputo che sono quasi una trentina le toghe che rischiano il processo disciplinare: “sono 27 i magistrati per i quali la procura generale ha già esercitato l’azione discipinare per i fatti emersi da chat e itercettazioni” , ha annunciato il Pg della Cassazione Giovanni Salvi, parlando al plenum del Csm. I primi a subire le conseguenze del caso Palamara sono stati gli ormai ex cinque consiglieri di Palazzo dei marescialli – Corrado Criscuoli, Paolo Cartoni, Luigi Spina, Antonio Lepre e Gianluigi Morlini – che parteciparono alla famosa riunione notturna del 9 maggio del 2019 all’hotel Champagne sulle nomine ai vertici delle procure. Secondo l’accusa che gli è costata la radiazione, fu Palamara a organizzare quella riunione per tentare di pilotare, anche con i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri presenti a qull’incontro, in particolare la nomina del procuratore di Roma.

Il processo ai cinque è cominciato a luglio, ma ancora non è entrato nel merito delle accuse. E’ in un’analoga situazione il giudizio a Ferri, che pur essendo un deputato di Italia Viva, è ancora un magistrato in aspettativa. Giovedì ci sarà la prossima udienza, dopo due sospensioni del procedimento: sul tavolo c’è la decisione sull’ultma delle tre istanze di ricusazione presentate da Ferri nei confronti dei suoi giudici. Mentre venerdì comincerà il processo disciplinare all’ex pm romano Stefano Fava, ora giudice al tribunale di Latina, accusato di aver esposto a Palamara i contenuti di una nota trasmessa al Csm e di avergli consegnato alcuni allegati “pur nella consapevolezza che sarebbero stati utilizzati dal suo interlocutore per gettare discredito” sull’allora procuratore di Roma Giuseppe Pgnatone e sul suo aggiunto Paolo Ielo.


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