“L’antipatico” è il titolo del libro che Claudio Martelli dedica a
Bettino Craxi per il ventennale della  morte del leader socialista.
Più volte Deputato del Psi, Ministro di Grazia e Giustizia è stato
sempre considerato il delfino di Craxi.
Il libro di Martelli non vuole essere una biografia, quanto una
ricostruzione sull’ascesa e sul declino di uno degli uomini politici
più influenti della prima repubblica.
Ne esce il ritratto di un uomo colto e totus politicus, allievo
eccellente dell’autore del Principe. “Metà volpe, metà leone”, aveva
piena consapevolezza che fosse meglio essere temuti che amati.
Riteneva la Politica una guerra da combattere con le armi sue proprie.
Un’arte impossibile da praticare se non per chi ne avesse fatto la
ragione primaria della Vita.
Da bambino in casa conosce Nenni, Lelio Basso, Pertini. Si era in
piena guerra civile e non era inusuale che la lotta politica
comportasse, allora, rappresaglie cruente . Questo è il clima in cui
Bettino prende parte alla ricostruzione del Paese sotto le insegne
della democrazia parlamentare .
Antipatico lo è stato perché aveva davanti a sé una sfida ardua:
traghettare i socialisti da una condizione ancillare nei riguardi dei
cugini comunisti a perno del sistema politico italiano.
Una sfida ampiamente vinta tanto da consentirgli di varcare la soglia
di Palazzo Chigi. Antipatico perché ingaggiò una lotta con i comunisti
italiani tanto da esser definito da Tonino Tatò, il portavoce di
Berlinguer, un volgare maneggione, pericoloso per la democrazia.
Antipatico, in sostanza, perché dei comunisti denunciava la dose
massiccia di ipocrisia. Nel 1980, infatti, Berlinguer lancia nella
famosa intervista ad Eugenio Scalfari, la fantomatica “questione
morale”. Soltanto quattro anni dopo i comunisti in Parlamento votarono
, come tutti gli altri partiti, l’amnistia per i reati di
finanziamenti illeciti ai partiti. Una nuova amnistia fu votata nel
1989 dal nuovo segretario Achille Occhetto.
Antipatico anche per ampi settori della Dc che, benché con Craxi
avesse condiviso le responsabilità del governo, cominciava a soffrire
l’autonomia del Presidente socialista reclamando la famosa “staffetta”
alla guida di Palazzo Chigi.
Antipatico, poi, al quarto partito italiano. Vale a dire al potere
economico e finanziario dei Cuccia, dei Beneduce e dei De Benedetti.
Per lui il primato di una Democrazia non poteva che essere la Politica
organizzata nei partiti.
Con Sigonella Craxi si conquistò l’antipatia degli Usa pur rimanendo
un convinto sostenitore dell’Alleanza Atlantica.
Craxi l’antipatico, insomma. A causa di  una arroganza esibita per
dissimulare la timidezza. Per la tendenza a sopravalutare se stesso e
le proprie valutazioni . “Ho sbagliato a tornare a Via del Corso.
Avrei dovuto continuare ad occuparmi di politica internazionale per
conto dell’Onu”, sospirava nei giorni dell’esilio tunisino.
Una antipatia che Craxi ha pagato con una campagna
mediatico-giudiziaria ingiusta da cui era praticamente impossibile
difendersi.
Una antipatia che Craxi ha pagato con la Vita che egli considerava
equivalente alla sua Libertà.

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Sono laureato in Scienza della Politica con tesi dal titolo: ”L’eccezionale: Storia istituzionale della V Repubblica francese”. Socialista liberale libertario e radicale. Mi sono sempre occupato di politica e comunicazione politica collaborando a campagne elettorali e referendarie. Ho sempre avuto una passione per il giornalismo d’opinione e in News-24 ho trovato un approdo naturale dove poter esprimere liberamente le mie idee anche se non coincidono sempre con la linea editoriale della testata. Ma questo è il sale della democrazia e il bello della libertà d’opinione.