Federico Fellini: un piccolo album di ricordi

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Un mago del cinema. È una delle persone più intelligenti e sensibili tra coloro che oggi svolgono un’attività creativa. Ha la concretezza, che è la prima dote del poeta; ha la capacità propria  del vero narratore di cogliere nel minimo dettaglio l’unicità di persone, ambienti e situazioni; ha la devozione artigiana al mestiere senza la quale nessuna idea può diventare opera d’arte.  Italo Calvino

Mi sono sempre dichiarato «felliniano di ferro», perché ho condiviso e apprezzato da sempre quel mondo magico, surreale e poetico inventato dal grande regista di Rimini. Nel rendere omaggio a Federico Fellini, nel centenario della nascita (1920), mi piace ricordare alcuni eventi personali che custodisco nel cuore e nella mente da molto tempo.

Il primo evento è stato l’incontro casuale avvenuto a Roma nel periodo natalizio di alcuni anni fa, prima della scomparsa del regista, vicino a Fontana di Trevi, mentre il grande “maestro”, insieme alla moglie Giulietta Masino, si accingeva ad  acquistare regali per le imminenti feste di Natale di allora. In questa rara occasione d’incontro mi permisi di salutarlo con gioia, dopo averlo riconosciuto per il suo il famoso cappello (Borsalino) e l’immancabile sciarpa “rossa”, e di apostrofarlo con l’appellativo “maestro” e di assistere alla sua sorprendente e gentile risposta accompagnata da un affabile sorriso.

Il secondo episodio è legato a una lunga lettera inviatagli per esprimere il mio entusiasmo dopo la visione del film La voce della luna (1990) in cui il regista, attraverso il personaggio dell’oboista, parla della musica, del rapporto struggente che egli stesso aveva con quest’arte «profondamente bugiarda, che promette, promette e non mantiene mai, un’arte capace di farti commuovere fino alle lacrime senza che ne sappia il perché».

Il terzo episodio, avvenuto a Cinecittà  mentre ero in visita, con gli alunni della scuola elementare “Luigi Piccaro” di Via Tasso (Latina),  al “mitico” Teatro 5 di posa di Cinecittà (luogo per eccellenza dei sogni felliniani, dove si viene accolti dalla Venusia, la grande testa che fu utilizzata nel film Casanova), dove il regista era solito girare scene ricostruite per i suoi più importanti film. Fu, con immenso rammarico, un incontro mancato perché, mentre ero intento a chiedere informazioni, il regista fu riconosciuto e salutato con applausi dagli alunni e dalle insegnanti, mentre usciva dagli Studi a bordo di un taxi.                                                                                                                Il quarto episodio è stata l’intenzione, mai realizzata, di voler incontrare il maestro in Via Margutta n.110 durante le visite in questa celebre strada di artisti, dove più volte mi sono recato come ospite a casa del mio carissimo amico Alfredo.                                                                                                             Altro avvenimento da ricordare è la mia visita, sempre negli Studi cinematografici di Cinecittà, per ammirare la splendida ricostruzione dell’ufficio del direttore e la redazione della rivista satirica “Marc’Aurelio”, realizzata da Ettore Scola in  omaggio del regista amico a 20 anni dalla scomparsa, avvenuta a Roma il 31 ottobre 1993.

Purtroppo nei giorni in cui Fellini è morto non è stato possibile recarmi né nel Teatro 5 di Cinecittà, dove è stata allestita la camera ardente e dove la gente, che ha descritto nei suoi film attraverso caricature, gag al limite del farsesco, ha sfilato davanti al feretro sulle note della colonna sonora composta da Nino Rota per il film La strada  (per il quale ottenne il primo Oscar), né nella Basilica di Santa Maria degli Angeli dove si è svolta la  cerimonia funebre (funerale di Stato) con Giulietta Masina in lacrime.

Convinto  che il cinema è un modo di raccontare storie con la luce e le immagini, con le parole e la musica, Federico Fellini è stato sempre per me il regista più seguito, stimato  e amato sia perché ha saputo guardare il mondo e se stesso con lo sguardo innocente di un bambino sia  perché è stato un osservatore acuto e ironico della nostra realtà contemporanea e un simbolo della settima arte. Per me Federico Fellini  è stato “un gigante” dell’arte visiva  perché come   ha scritto Martin Scorsese: «Pochi artisti hanno avuto un effetto così potente nella reinvenzione dell’arte del cinema».

 

 

 

 


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