La pittura del Quattrocento: Masaccio

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Non volle pensar giammai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo […] come quello che, avendo fisso tutto l’animo e la volontà alle cose dell’arte sola, si curava poco di sé.  (Giorgio Vasari)

Il grande pittore Masaccio, insieme all’architetto Brunelleschi e allo scultore Donatello, fece parte nella Firenze del XV secolo della rivoluzione artistica, cui più tardi fu dato il nome di Rinascimento. Nacque il 21 dicembre 1401 a San Giovanni Valdarno in provincia di Arezzo e morì giovanissimo a Roma nel 1428 misteriosamente. Ebbe una infanzia e una adolescenza molto triste, dolorosa, gravida di ombre e di carenze, perché all’età di cinque anni restò orfano di padre.

         Nel gennaio del 1422 si trasferì a Firenze dove si iscrisse all’Arte dei medici e speziali. Scarse sono le notizie inerenti la sua formazione artistica; secondo Giorgio Vasari ha compiuto il suo tirocinio presso l’artista Masolino da Panicale suo conterraneo.

         Masaccio indirizzò la sua ricerca pittorica verso il realismo e una solida costruzione spaziale; diventò amico  intimo di Brunelleschi e Donatello perché, come loro, cercava un modo diverso di interpretare e rappresentare la realtà con lo scopo di esaltare in ogni forma i valori umani.

         Il primo dipinto di Masaccio, secondo alcuni studiosi, è il polittico con la Madonna del Bambino in trono tra due angeli nel pannello centrale, i Santi Bartolomeo e Biagio nel laterale di sinistra, i Santi Giovenale e Antonio Abate in quello di destra, nella chiesa di San Giovenale a Cascia presso Reggello (Firenze).

         Le opere immediatamente successive, legate a Masolino, furono la  Madonna col Bambino e Sant’Anna (1424-25), dipinta per la chiesa di Sant’Ambrogio a Firenze e ora negli Uffizi, e gli affreschi molto famosi della  Cappella Brancacci nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Firenze.

         La decorazione della Cappella Brancacci fu commissionata a Masolino e a Masaccio nel 1424 dal mercante di sete Felice Brancacci. Masaccio dipinse nell’ordine il Tributo della moneta, la Cacciata dei progenitori dal Paradiso terrestre,  il San Pietro che distribuisce ai poveri i beni della comunità, il San Pietro risana gli infermi con la sua ombra, i tre episodi della Storia di Teofilo nel registro inferiore (completata in seguito da Filippino Lippi).

         Gli affreschi della cappella Brancacci, testo fondamentale della pittura rinascimentale, sono un esempio illuminante della rivoluzione pittorica condotta da Masaccio. L’altissimo valore esemplare del ciclo pittorico fu riconosciuto dai più sensibili pittori del tempo, quali l’Angelico, Filippo Lippi, Paolo Uccello e Andrea del Sarto,  Piero della Francesca ma anche, più tardi, da Leonardo, Michelangelo, Raffaello e dal suo biografo Giorgio Vasari..

         Nel Tributo, opera chiave e generalmente la più ammirata dell’arte rinascimentale, l’impianto strutturale dell’affresco è rigoroso; il punto di fuga delle linee prospettiche coincide con il volto di Cristo, centro spirituale della scena e gli alberi scalati sulla sinistra, come le nuvole del cielo, hanno lo scopo di scandire la profondità dello spazio. Tutto ciò consente di dare unità agli episodi distinti che compongono la scena; al centro il gabelliere, raffigurato di schiena, che rivolge la sua richiesta di pedaggio a Cristo, circondato dagli apostoli vestiti alla romana (con la tunica ripresa in vita e il mantello gettato sulla spalla), a sinistra Pietro, con i capelli grigi e la barba folta che si china a raccogliere la moneta dalla bocca del pesce e sulla destra paga il tributo.

         La monumentalità dell’impianto pittorico si riflette nelle singole figure, solide nei loro volumi  pieni ed essenziali, nei panneggi che sembrano scolpiti, nella gestualità ferma ed espressiva. La sintesi plastica della rappresentazione è ottenuta con la nettezza dei tratti,  l’essenzialità dei volumi, la distribuzione della luce, proveniente da destra, e la forza del chiaroscuro.

         Nella Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre Adamo, cosciente della colpa, si nasconde il volto con le mani, mentre Eva si copre pudicamente gli attributi sessuali e con i lineamenti stravolti, gli occhi contratti e la bocca aperta, grida il proprio dolore. La drammaticità e il realismo di queste figure sono elementi assolutamente nuovi rispetto al linguaggio  pittorico tradizionale. Così come nuovo e diverso è il modellato attraverso il quale è resa la plasticità dei corpi che testimonia la conoscenza da parte di Masaccio della scultura contemporanea e di quella antica.

         Nel 1426 Masaccio per la chiesa del Carmine di Pisa dipinse il polittico, poi smembrato e identificabile con i singoli pannelli conservati in diversi musei. Uno dei particolari del polittico è la Crocifissione  (tempera su tavola) che si trova nel museo di Capodimonte a Napoli, dove la prospettiva scorciata verso l’alto è spiegabile con la collocazione del dipinto nella parte alta del polittico per tener conto del punto di vista dell’osservatore. Un altro particolare del dipinto è la Madonna della pala del Carmine che si trova a Londra nella National Gallery. Altro particolare della predella del polittico di Pisa è l’Adorazione dei Magi che si trova a Berlino nel Museo Statale.

         Nel 1427 Masaccio dipinse, sulla navata di sinistra della chiesa di S. Maria Novella di Firenze, la Trinità, ritenuta una delle più straordinarie pagine della storia dell’arte universale, sintesi perfetta di pittura, architettura e scultura; un affresco, dove si distinguono in primo piano un sarcofago con lo scheletro (forse di Adamo). con la scritta ammonitrice «io fui già quel che voi siete e quel ch’io son voi ancor sarete», e la coppia dei committenti, la Vergine Maria e san Giovanni, il Crocifisso e Dio Padre.                   Le figure, perfettamente proporzionate rispetto all’architettura, sono coordinate tra di loro dall’alternarsi ritmico dei colori delle vesti. Oltre alla lezione del Brunelleschi, non è estranea al dipinto, di imponenti dimensioni, la materialità scultorea dei panneggi, di Donatello.

         Nell’affresco, considerato il manifesto della pittura rinascimentale, convivono, infatti, in maniera geniale il realismo di Donatello e le rivoluzionarie regole prospettiche scoperte da Brunelleschi, il quale, oltre a dare preziosi consigli e suggerimenti al giovane amico,  forse collaborò all’esecuzione dello sfondo architettonico realizzato con assoluto rigore prospettico.

         Masaccio, insieme ai suoi amici Brunelleschi e Donatello è stato uno degli innovatori dell’arte del Quattrocento. La sua pittura in linea e in sintonia con il pensiero degli umanisti fiorentini, esalta e valorizza l’uomo rappresentando la realtà, ma dimostrando soprattutto che egli è in grado di dominarla razionalmente.

         Nessuno dopo Giotto e prima del Masaccio è stato capace di osservare l’uomo con profondità di analisi e soprattutto di collocarlo al centro del mondo reale tanto che la critica, come ha detto Bernard Berenson ha per lungo tempo collocato Masaccio nel solco della storia come un «Giotto rinato». Infatti la portata rivoluzionaria della Cappella Brancacci, capolavoro masaccesco, può essere paragonata solo a quella di Giotto della Cappella degli Scrovegni.

 

 

 


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