Negli ultimi mesi, nella nostra città è salito alla ribalta un nuovo fenomeno, suffragato da una latente cultura mafiosa: i video trap. Il primo, e certamente quello più inquietante, ha fatto parlare di sé nel mese di febbraio.

Protagonisti del girato, alcuni giovani dei clan rom della nostra città, che hanno usato il video come mezzo per mandare un messaggio chiaro: “nonostante gli arresti, noi ci siamo ancora e comandiamo”.

“Palletta, l’ho scritto anche sui muri della cameretta, Zio Bula esce in fretta”. Un evidente richiamo ad Angelo e Salvatore Travali, entrambi arrestati il 17 febbraio, nell’ambito dell’Operazione Reset condotta dalla Polizia di Stato. Nella stessa canzone viene citato anche Papù, ovvero Antonio Di Silvio, deceduto nel 2016 a 75 anni, imparentato coi Casamonica e ritenuto capo assoluto del clan rom di Gionchetto che, secondo gli inquirenti, si spartisce il potere coi Travali, gruppo al quale è legato anche da vincoli familiari.

Insomma, più che un videoclip musicale si trattava di una vero e proprio manifesto mafioso, tramite il quale i clan hanno voluto confermare la propria presenza sul territorio, mostrando le giovani leve pronte a prendere il posto di chi è stato arrestato o, peggio ancora, a dare manforte ai vecchi del clan una volta usciti di galera. Una situazione che la città non può permettersi di ignorare, anche perché ci troviamo di fronte a una guerra culturale e non, come erroneamente denunciato da qualche partito, a una mera situazione di degrado.

Certamente nei quartieri “controllati” dai clan vi è degrado, ma si tratta della diretta conseguenza della guerra culturale che in quei luoghi è stata persa e non del tema fondamentale. Insomma, ci si propone di curare gli effetti e non la causa.

I segnali della sconfitta culturale in atto sono continuati nel mese scorso, quando su youtube è apparso un video trap intitolato “fame”. Nella clip, alcuni ragazzi del quartiere ATER di Latina inneggiano alla vita criminale, alle armi e alla violenza: cioè quelle che loro considerano le vie d’uscita dal degrado e dalla povertà, non capendo che proprio la criminalità distrugge famiglie e quartieri interi, condannandoli alla miseria.

Secondo una recente ricerca condotta dal professor Paolo Pinotti, universitario bocconiano, la mafia sottrae il 15/20% di PIL allo Stato. Questo è il messaggio che va fatto passare a quei ragazzi che vivono nel degrado. Non si può trattare il problema come se fosse una soluzione. Ma la comunicazione da sola non basta; bisogna mettere in piedi atti concreti, creare spazi e proporre alternative ai ragazzi, per permettere loro di guardare al futuro con occhi diversi.

Borsellino faceva notare come “la lotta alla mafia […] non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolga tutti, che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e, quindi, della complicità”.

Latina necessita non solo dell’intervento dell’antimafia repressiva ma anche della presenza dell’antimafia dei diritti, fondata sulla trasparenza nella gestione della Cosa Pubblica, su comportamenti coerenti, sul buon funzionamento dell’amministrazione. Il Comune deve intervenire, favorendo la creazione di una rete con famiglie, scuole e associazioni di volontariato, che si ponga l’obiettivo di rispondere con adeguati strumenti all’omertà mafiosa, tramite la creazione di spazi e progetti nei quartieri a rischio.

La missione dell’ente locale deve essere quella di stimolare nelle giovani generazioni una forte coscienza critica e civile, una reazione di rigetto del fenomeno mafioso che, invece di attirare come potenziale modello di comportamento, deve essere visto nella sua radice di barbarie e di inciviltà e, come tale, respinto.

Quest’azione deve avere come base, oltre alla collaborazione con le realtà locali, la creazione di spazi appositi nei quali i nostri ragazzi possano stimolare la propria creatività e imparare nuove competenze, utili alla nascita di una coscienza civica diffusa.

Tali spazi dovranno essere messi a disposizione dall’ente locale alle associazioni, le quali, in collaborazione con scuole e famiglie, organizzeranno attività di sensibilizzazione e promozione della libertà e dei diritti civili. Entrambi negati con forza dal ricatto mafioso e dal voto di scambio.

Solo la coscienza civica può costituire una barriera contro il dilagare del puzzo dell’omertà mafiosa. Le mafie a Latina saranno sconfitte quando resteranno isolate di fronte alla coscienza dei cittadini. La guerra culturale sarà vinta se la città saprà opporre ai clan, alla cultura mafiosa basata sulla violenza, alla sopraffazione e all’omertà il proprio rifiuto generalizzato e rigoroso.

La violenza è da sempre una costante dei comportamenti criminali. Anche a Latina i clan hanno fatto uso per estorcere, ricattare e dominare. L’uso smodato della violenza è figlio della mancanza di cultura o meglio della mancanza della cultura della legalità.

Se non sai parlare e non hai cultura, la violenza è l’unico modo che hai per emergere ed acquisire potere, anche se si tratta del potere effimero della vita criminale. Per questo bisogna aiutare i nostri ragazzi a dire no al facile ricatto mafioso.

Falcone diceva che la mafia sarebbe stata sconfitta da un esercito di maestre e M5S Latina la pensa esattamente come lui.


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