Le storie della Semprevisa

228

Le stórie della Semprevisa                                            Fausto Orsini                                                                                  Solo la memoria del passato, che è poi la memoria autobiografica, può dare una nozione di sé e quindi uno sguardo sul futuro.                                                                              Umberto Galimberti

         L’operazione culturale meritevole e degna di attenzione realizzata da Fausto Orsini, con il voluminoso libro Le stórie della Semprevisa (26 Lettere edizioni), ha nel panorama della letteratura italiana nobili riscontri in illustri personaggi come Italo Calvino, Pier Paolo Pasolini, Gianni Rodari, raccoglitori e trascrittori di fiabe italiane.                             

 Nella Prefazione del testo Rocco Paternostro, docente dell’Università La Sapienza di Roma, scrive: «In questo suo tentativo, peraltro brillantemente riuscito, di ergersi a conservatore e quindi trasmettitore della tradizione popolare dei Lepini, (l’autore)si veste nei panni del bardo e/o del griot, o meglio ancora del cantore popolare».

Fausto Orsini, infatti, attraverso la riscrittura del patrimonio culturale collettivo della sua gente setina, ha voluto raccogliere l’importante tradizione popolare, fatta di narrazioni, canti, leggende e fiabe, per conservare, e non disperdere, il ricco e immenso tesoro di oralità dei suoi conterranei da trasmettere alle future generazioni.Una raccolta di storie che l’autore ha ascoltato da narratori anziani, quasi tutti braccianti o contadini, diretti discendenti di un gruppo di uomini e donne di origine ciociara, insediatisi nel Campo Superiore di Sezze, provincia di Latina, nell’Agro Pontino.

L’autore, attraverso il recupero della memoria, cerca di riconciliarsi con il suo passato e con il mondo antico, che si rischia di perdere, e con le tracce misteriose che conservano il segreto della sua identità individuale e comunitaria. In questo modo Orsini cerca di salvare quella cultura popolare che potrebbe in maniera definitiva scomparire per sempre e depauperare le nuove generazioni che oggi si affidano più facilmente alle nuove forme espressive e comunicative sorrette dalle attuali tecnologie.

Nell’Introduzione Fausto Orsini, nato e vissuto nella comunità contadina di Suso, nel Comune di Sezze Romano nel cuore dei Monti Lepini, nella zona ai piedi del monte Semprevisa,  afferma con schiettezza e semplicità che «Mi è sempre piaciuto ascoltare i racconti delle persone anziane. Da bambino ero affezionato, ma anche da adulto ho conservato in parte questa inclinazione».

Il racconto variegato delle storie raccolte si situa nei primi decenni del secolo scorso quando uomini e donne del mondo contadino erano soliti raccontare ai figli e nipoti il vasto repertorio di favole, fiabe, storielle, aneddoti e narrazioni di vario genere. L’autore, ancora bambino, era solito ascoltare  dalla viva voce  degli anziani passi salienti dell’Orlando Furioso o de La Gerusalemme Liberata e di rimanere incantato dalla capacità affabulatoria delle persone adulte, spesso analfabete.

Questi racconti narrati con passione avevano come sfondo di riferimento le esperienze vissute nella vita quotidiana, nelle vicende lavorative o anche ricreative legate alla caccia o alla pesca, ai momenti conviviali dei matrimoni e delle varie festività annuali. Nelle campagne, davanti al focolare, era consuetudine radunarsi per ascoltare da parte dei giovani e raccontare, da parte degli adulti e soprattutto degli anziani, veri depositari della conoscenza, dell’esperienza e della tradizione, storie commoventi e divertenti capaci di far sorridere e anche di suscitare curiosità e toccare le corde più intime dell’animo umano. Ascoltare e raccontare storie erano per le nuove generazioni del tempo forme di iniziazione culturale, di formazione e di educazione molto significative poiché allora le scuole erano poco diffuse e frequentate.

All’inizio della seconda metà del Novecento questo mondo è scomparso lentamente e in silenzio, di fronte alle grandi trasformazioni sociali e culturali, politiche ed economiche. Gli anziani sono stati espropriati del loro ruolo di “saggi” dispensatori di saperi esperienziali, custodi di insieme di valori legati al mondo rurale, agricolo e della campagna.

L’autore, nella corposa nota introduttiva del libro, offre una lucida analisi delle diverse trasformazioni antropologiche e sociologiche che caratterizzano gli anni del secondo dopoguerra, quando diminuiscono, fino a scomparire, le narrazioni delle stórie degli anziani, considerate ormai superate e arcaiche, e quindi da mettere da parte.

Sull’onda dei ricordi personali Fausto Orsini, grazie al desiderio da parte dei nipoti Gabriele, Federico e Lorenzo di ascoltare storie, si è scoperto narratore: un’esperienza esaltante, piena di fascino che lo ha spinto a scavare nella sua memoria e a frugare nei suoi ricordi per ritrovare e portare alla luce racconti fiabeschi sentiti durante l’infanzia e derivanti da una cultura basata sull’oralità.

Ricorrendo ad autori come Laurence Lentin e Gianni Rodari, l’autore sottolinea l’importanza del racconto di favole e fiabe nello sviluppo armonico e integrale della personalità infantile. Considerazioni di natura storico-pedagogica, culturale e psicologica, inerenti la motivazione al dialogo e all’ascolto, si riscontrano nelle pagine iniziali del libro dove si evidenzia l’importanza di non dimenticare le proprie radici culturali e di costruire la propria identità sulla base di un immaginario collettivo.

L’autore in questo volume esplicita i criteri con i quali ha raccolto, ordinato e trascritto (dal dialetto) le trenta stórie narrate (in italiano) e i ventidue racconti di vita accompagnati spesso da citazioni di proverbi e filastrocche. Inoltre, offre una minuziosa e ordinata ricostruzione di un mondo ormai completamente scomparso come viene evidenziato anche nell’elegante e raffinato apparato iconografico che integra la ricerca storico- letteraria.

Il libro, Le stórie della Semprevisa, di Fausto Orsini con la copertina disegnata da Raffaella Papa, oltre ad offrire al lettore interessanti immagini della Piana Pontina prima della bonifica integrale e una testimonianza della società contadina pontina tra Ottocento e Novecento, contribuisce alla conoscenza e alla conservazione di un patrimonio culturale collettivo, mantenuto in vita da genitori, nonni, parenti e amici di famiglia e/o vicini di casa, che rischia di essere dimenticato dalle future generazioni.                                                                                                Un testo decisamente utile, imprescindibile per la nostra memoria comunitaria e per conoscere meglio la storia del nostro territorio pontino.

 

 


News-24.it è una testata giornalistica indipendente che non riceve alcun finanziamento pubblico. Se ti piace il nostro lavoro e vuoi aiutarci nella nostra missione puoi offrici un caffè facendo una donazione, te ne saremo estremamente grati.



Articolo precedente«Aiuto hanno sgozzato mio marito», ferma una pattuglia della Polstrada sulla Pontina e gli agenti gli salvano la vita
Articolo successivoSfugge al carcere con 4 gravidanze: arrestata spacciatrice di Cisterna