Sempre più aspro lo scontro tra Usa e Iran dopo l’uccisione del generale Soleimani e l’attacco sferrato a una base Usa a Baghdad. Il comandante delle Guardie della rivoluzione Hossein Salami ha fatto sapere che «l’Iran metterà in atto una vendetta contro gli americani al punto che metterà fine alla presenza degli Usa nella regione, individuati 35 obiettivi». Una minaccia che ha trovato subito pronta replica dal presidente statunitense Donald Trump: «Se l’Iran ci attacca – ha scritto su Twitter – gli Usa colpiranno 52 siti iraniani già identificati».

Lo stretto di Hormuz
Oltre a Tel Aviv, “sono a portata di tiro della Repubblica islamica” e potrebbero essere colpiti in una rappresaglia iraniana per l’uccisione giovedì sera a Baghdad del generale Qassem Soleimani. Lo ha detto il generale Gholamali Abuhamzeh, comandante delle Guardie della rivoluzione nella provincia sud-orientale di Kerman, citato dall’agenzia Tasnim. Abuhamzeh ha accennato in particolare alla possibilità di attacchi nello Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa circa il 20% dei traffici petroliferi mondiali via mare: “Lo Stretto di Hormuz – ha affermato – è una rotta vitale per l’Occidente, e un gran numero di navi da guerra americane attraversano lo Stretto di Hormuz, il Golfo di Oman e il Golfo Persico.

Il tweet del presidente
La scelta di Trump di indicare in 52 il numero dei siti iraniani nel mirino non è casuale: lo stesso presidente Usa ha spiegato che il numero 52 corrisponde “agli ostaggi americani presi dall’Iran molti anni fa” nell’ambasciata Usa a Teheran, riferendosi alla vicenda che ebbe luogo a partire dal 1979 e che di fatto costò la presidenza a Jimmy Carter. Il presidente americano spiega che molti di questi obiettivi sono di “livello molto elevato e importanti per l’Iran e per la cultura iraniana”.

Nel frattempo il New York Times ha ricostruito gli ultimi caotici giorni che hanno portato la Casa Bianca a lanciare l’attacco con l’uccisione del generale iraniano Qosseim Solemani a Baghdad. Secondo la ricostruzione del quotidiano Il 28 dicembre, dopo l’attacco in cui era morto un contractor americano, Trump aveva, in un primo momento, respinto l’idea di uccidere Soleimani, optando per un raid aereo sulle postazioni di milizie filo-iraniane in Iraq e Siria. Ma dopo l’assedio all’ambasciata Usa di Baghdad il tycoon, furioso, dopo aver visto le immagini in tv, ha deciso per la soluzione lasciando esterrefatti i vertici del Pentagono. Soluzione definita estrema tra quelle presentate a Trump dai vertici militari Usa.


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