ROMA- Pensiamo a un treno con le ruote quadrate. Per muoversi ha bisogno di una faticosa spinta iniziale cui segue una breve partenza e subito uno stop. Tutto moltiplicato per quattro. Di fatto, un’andatura tentennante che non porta da nessuna parte. È questo, in sintesi, il quadro emerso nel 54° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.

I problemi annosi, incancrenitisi già da tempo, sono peggiorati con l’emergenza Covid 19 provocando instabilità e rischio di cedimento della struttura portante dell’Italia.

I danni provocati dalla pandemia di Covid 19 si nascondono tra le crepe del mondo dei più deboli, ampliando le diseguaglianze. Secondo il Censis è un fenomeno percepito dal 90,2% degli italiani.

La differenza sta innanzi tutto, tra chi ha un reddito sicuro e chi no. Tra chi ha mantenuto il posto di lavoro e chi l’ha perso. Da tempo, ben prima dell’emergenza sanitaria, a soffrire della crisi economica era la classe media, schiacciata verso il basso, ai limiti della soglia di povertà. Il Rapporto lo conferma. Lo stipendio fisso, per quanto basso, offre una piccola certezza che tutti i lavoratori a tempo determinato, gli stagionali, i piccoli imprenditori, le Partite Iva non hanno più. Dunque, diseguaglianza ramificata che soffoca l’economia delle famiglie e manda in sofferenza un settore strategico come quello delle PMI.

Vediamo nel dettaglio gli esiti del sondaggio.

Le conseguenze dalla pandemia

Il 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto il sentimento prevalente. Il 44,8% è convinto che usciremo peggiori dalla pandemia e solo il 20,5% degli intervistati crede che questa esperienza ci renderà migliori.

In vista di Natale e Capodanno, il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle. Il 54,6% dichiara che spenderà di meno per i regali e il 59,6% taglierà le spese per il Cenone. Per il 61,6% Capodanno sarà una festa triste e rassegnata.

La sicurezza del lavoro e del reddito

Per l’85,8% degli italiani la crisi sanitaria ha confermato che “la vera divisione sociale è tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi no”.

Vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese per i quali la disoccupazione non è un evento remoto, contro un più contenuto 28,6% degli addetti delle grandi aziende. Qui troviamo la categoria dei più vulnerabili: i dipendenti del settore privato a tempo determinato e le partite Iva.

“C’è poi – spiega il Censis – l’universo degli scomparsi, quello dei lavoretti nei servizi e del lavoro nero, stimabile in circa 5 milioni di persone che hanno finito per inabissarsi senza fare rumore. Infine, i vulnerati inattesi: gli imprenditori dei settori schiantati come i commercianti, gli artigiani, i professionisti rimasti senza incassi e fatturati”.

Donne e giovani

Rispetto all’anno scorso, nel terzo trimestre sono già 457.000 i posti di lavoro persi da giovani e donne, il 76% del totale dell’occupazione andata in fumo (605.000 posti di lavoro). E sono 654.000 i lavoratori indipendenti o con contratto a tempo determinato senza più un impiego.

Nel secondo trimestre “il tasso di occupazione, che per gli uomini raggiungeva il 66,6%, presentava un divario di oltre 18 punti a sfavore delle donne. Nella classe di età 15-34 anni solo 32 donne su 100 risultano occupate o in cerca di una occupazione. Per le donne di 25-49 anni il tasso di occupazione è del 71,9% tra quelle senza figli, e del 53,4% tra quelle con figli in età pre-scolare.

La scuola

Solo l’11,2% degli oltre 2.800 dirigenti scolastici intervistati ha confermato di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti. Ad aprile, nel 18% degli istituti, mancavano all’appello più del 10% degli studenti.

Il 53,6% dei presidi sostiene che la didattica a distanza non coinvolge pienamente gli studenti con bisogni educativi speciali. Inoltre, il 37,4% teme di non poter realizzare progetti per il contrasto alla povertà educativa e per la prevenzione della dispersione scolastica.

Tra gli oltre 800.000 studenti non italiani, i soggetti più a rischio sono le prime generazioni (circa il 47% del totale), che incontrano maggiori difficoltà per ragioni linguistiche e culturali.

“C’è poi una tipologia di studenti – specifica il Censis – per i quali la socialità che si instaura nelle aule scolastiche è insostituibile. Sono gli alunni con disabilità (circa 270.000 solo nelle scuole statali) o con disturbi specifici dell’apprendimento (circa 276.000)”.

Elena Venditti


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