‹‹La molteplicità delle modalità di credenza è in realtà molteplicità dei criteri di verità. […] L’autenticità delle nostre credenze non si misura a seconda della verità del loro contenuto […] siamo noi a costruire le nostre verità e non è la realtà che ci porta a credere. Poiché essa è figlia dell’immaginazione costituente della nostra tribù ››. È questo ciò che si evince dal saggio I Greci hanno creduto ai loro miti? (Il Mulino,1984) dell’archeologo e storico francese Paul Veyne. A questa convinzione si aggiunge un intervento dal titolo Viviamo nell’epoca della post-verità?(2016) del docente di linguistica italiana Marco Biffi, componente della Consulenza Linguistica dell’Accademia della Crusca, il quale sostiene che: ‹‹La rete ha senza dubbio delineato i connotati fondamentali di questa dimensione oltre la verità. ‘Oltre’ è il significato che qui sembra assumere il prefisso post- (invece del consueto ‘dopo’): si tratta cioè di un ‘dopo la verità’ che non ha niente a che fare con la cronologia, ma che sottolinea il superamento della verità fino al punto di determinarne la perdita di importanza. E, analizzando le modalità in cui il superamento si concretizza di volta in volta, colpisce la vocazione profetica che la parola nasconde tra le sue lettere: la post-verità, infatti, spesso finisce per scivolare nella verità dei post (come è successo spesso sulla rete proprio in relazione alle campagne politiche legate alla Brexit o alle elezioni americane) ››.
‹‹ Viviamo in un tempo in cui il racconto e le tecniche dello Storytelling ( n.d.r. L’arte del raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva) sono diventati abituali prassi di lavoro. I post, le video stories e le foto sono gli strumenti che usiamo abitualmente per esprimerci e che di conseguenza rappresentano la nostra personalità, i nostri brand e prodotti. Tuttavia, il racconto può avere degli effetti sulla percezione dei fatti di una realtà che sia politica, sociale o commerciale ››. Lo sostiene il sociologo Andrea Fontana che, nel suo saggio “Regimi di verità” (Codiceedizioni, 2019), scrive che ‹‹nei regimi di verità – capricciosi – le percezioni sono tutto. E – come insegna Putin – non possiamo più ignorare le regole del perception management››, ovvero le regole della gestione della percezione, intendendo per percezione – secondo J. George -, ‹‹ il processo attraverso il quale gli individui selezionano, organizzano e interpretano l’input dei loro sensi per dare significato e ordine al mondo che li circonda ››.
Nella foto, associata a questo articolo, è il palo che sostiene il sole oppure è la posizione dell’osservatore che fa ritenere ciò? Ovviamente è vera la seconda intuizione, ma ciò che percepiscono i nostri sensi nel primo impatto è la prima percezione. Questo vuol dire che viviamo, secondo l’artista inglese Damien Hirst, in un tempo in cui ‹‹tutto sta in quel che volete credere››. Andrea Fontana nel citato saggio, infine, aggiunge: ‹‹ A seconda di come mettiamo insieme le nostre “idee sul conoscere” otteniamo modelli di acquisizione del sapere e delle informazioni molto differenti […] dalla conoscenza come “verità assoluta” passiamo ad “una conoscenza come processo in divenire” […] In definitiva, possiamo avere regimi di verità molto diversi, come per esempio: – Regimi di verità assoluti: dove esiste una conoscenza oggettiva e le autorità preposte hanno una sorta di onniscienza che consente di poter dare risposte certe ad ogni tipo di domanda. – Regimi di verità transazionali: in cui la conoscenza può essere variabile e le autorità, pur avendo la responsabilità di rispondere a quesiti conoscitivi, possono avere risposte parziali (anche e soprattutto alle domande esistenziali e sociali). – Regimi di verità indipendenti: ove le opinioni personali sono valide quanto quelle delle autorità preposte alla conoscenza, autorità che – a questo punto – possiedono forme di “verità ufficiali” ma non per questo oggettive. – Regimi di verità contestuali: in cui la conoscenza è una forma di co-costruzione partecipata da più soggetti (politici, economici, religiosi, sociali, scientifici, ecc.) che possono avere interessi diversi e divergenti. In essi, la “verità ufficiale” può essere continuamente rivista alla luce di nuovi dati ed esperienze umane oltre che scientifiche ››.
E allora, il lettore sui fatti che sta vivendo si ponga la domanda: Dove sta la verità? In quale regime di verità?
Francesco Giuliano
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