Tra “scienziati e politicanti” c’è una profonda differenza sia nel metodo che nella deontologia

84

La Scienza (pura) è opera umana che si esplicita nell’attività scientifica dalle diverse sfaccettature. Essa permette attraverso il suo metodo di ampliare nell’essere umano la capacità di percepire la realtà, producendo una grande quantità di conoscenza in tutti gli ambiti indagati, conoscenza appunto chiamata scientifica. Galileo Galilei (1564 – 1642) ha inventato, circa quattro secoli fa, assieme al metodo scientifico la Scienza propriamente detta, la quale sinteticamente si fonda sulla formulazione di una teoria (dal greco thèa “spettacolo” e horào “vedo”) e sull’esperimento (dal latino esperiri “esperire”, cioè “provare”): la prima si esplicita elaborando ipotesi che permettono di formulare leggi, mentre il secondo sottopone le leggi enunciate a verifiche sperimentali. Come sostiene il fisico francese e filosofo della scienza Étienne Klein (1958) nel suo affascinante saggio Filosofisica (Carrocci editore@Sfere extra, 2020) tutti i fisici, – a cui aggiungo tutti gli scienziati -, nel loro costante lavoro di ricerca adoperano potenzialmente il seguente motto: «Siamo impossibili, chiediamo la realtà … nel senso che cercano di determinare in che cosa consista [la realtà]: quali sono i suoi veri attributi? Che cosa la caratterizza? Da quali “elementi di realtà” è composta? È intellegibile? Accessibile? A quali leggi obbedisce? … [e giocano] dialetticamente con l’idea di impossibilità spiegando la realtà attraverso leggi che sembrano contraddire ciò che essa stessa mostra spontaneamente». In altre parole, gli scienziati cercano di rendere “visibile” alla mente umana l’invisibile, di dare formulazione concreta all’astratto, di scoprire quel che governa il mondo ma che non appare.

Ovviamente, durante la loro attività di ricerca dettata da una determinata teoria, gli scienziati possono manifestare pareri discordanti, ma ciò che conta è il risultato finale che viene a fortiori condiviso da tutti. Risultato che, confermando la teoria, non deve rivelare incoerenze, ma ne deve dimostrare, attraverso sperimentazioni riproducibili in qualunque laboratorio e nell’ambito dell’incertezza scientifica, la falsificabilità. Il filosofo austriaco Karl Popper (1902 – 1994) nel saggio Sul tema della libertà (1968), scrive che: Le teorie scientifiche sono razionali perché falsificabili; le teorie filosofiche sono razionali se criticabili: la falsificabilità empirica è un caso della più ampia razionalità. È così, allora, che si capisce «che un razionalista è semplicemente una persona a cui importa più di imparare che di avere ragione; che è pronto ad imparare da altri, non semplicemente accettando l’opinione degli altri, ma piuttosto lasciando volentieri criticare le proprie idee da altri e criticando volentieri le idee altrui». La teoria deve essere anche modificabile, tant’è che lo scienziato tedesco Albert Einstein (1879 – 1955), a tal proposito, sosteneva che: «nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione ma un unico esperimento potrà dimostrare che ho torto».

Lo scienziato, infatti, usa la ragione (!) che «è il contrario di uno strumento di potere e di violenza» ed è «un mezzo con cui sottomettere il potere e la violenza». E la esplicita attraverso un pensiero chiaro e un’esperienza consolidata senza farsi coinvolgere da emotività e da predilezioni. Lo scienziato agisce in piena libertà così come gli è consentito dalla Costituzione Italiana che all’art. 33 sancisce che “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento …” . Lo scienziato è anche consapevole dei propri limiti e mostra modestia intellettuale nella piena consapevolezza che, studiando le cose come sono (fatti), l’evolversi delle sue scoperte lo portino sempre più vicino alla verità. Lo scienziato, in pratica, si avvale del razionalismo di Socrate (che è quello di sapere di non sapere), che coincide con il razionalismo vero per distinguerlo, come sostiene Popper nel saggio La società aperta e i suoi nemici (1945), dallo pseudo-razionalismo che coincide con l’intuizionismo intellettualistico di Platone, a cui corrisponde «l’immodesta fiducia nelle proprie doti intellettuali, … di conoscere con certezza e autorità … . fiducia nel possesso di un infallibile strumento di scoperta, o di un infallibile metodo, questa incapacità di distinguere fra le capacità intellettuali di un uomo e il suo debito verso gli altri per tutto quello che può conoscere o comprendere …».

Ebbene, il politicante, cioè colui che fa politica pur non avendone capacità e competenza adeguate, è uno pseudo-razionalista, che, mostrando carattere diametralmente opposto a quello dello scienziato, palesa immodestia con atteggiamenti di superiorità formale ma non sostanziale, presunzione e anche arroganza, e applica senza saperlo la legge di Hume (1711 – 1776) – riportata ne Il trattato della natura (1739 -1740) – secondo la quale non si possono trarre logicamente norme (ciò che deve essere) solamente da descrizioni (da ciò che è). In altre parole, da proposizioni che descrivono le cose come sono (fatti) non possono provenire proposizioni che prescrivono le cose come devono essere (norme), pur se queste ultime fanno parte delle promesse in fase elettorale. Nel saggio Tutta la vita a risolvere problemi (Rusconi, 1996), Popper scrive che dobbiamo ricordare ai nostri politici che la loro responsabilità non cessa con la loro morte (o con il ritiro dalla vita politica). In altre parole il danno fatto si può manifestare nel tempo ed in modo irreversibile.  Nel citato saggio del 1945 Popper, infatti, scrive che «Ogni politica consiste nello scegliere il male minore … . E i politici dovrebbero manifestare il massimo zelo nella ricerca dei mali che le loro azioni devono necessariamente produrre, invece di nasconderli, dato che altrimenti deve risultare impossibile un’adeguata valutazione del rispettivo grado di gravità dei diversi mali … in politica e in medicina, chi promette troppo non può che essere un ciarlatano  … [perché] noi non possiamo realizzare il cielo in terra … ciò di cui abbiamo bisogno e ciò che vogliamo è moralizzare la politica, non politicizzare la morale … [ricordando che] ogni potere, e il potere politico almeno quanto il potere economico, è pericoloso … [tant’è che] una minoranza che è economicamente forte può in questo modo sfruttare la maggioranza di coloro che sono economicamente deboli». Secondo un’indagine di quattro anni fa risultava che in Europa, l’Italia è al ventesimo posto per livello di disuguaglianza. A metà 2017, il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale. Ovvero, l’80 degli Italiani possedeva il 34% della ricchezza nazionale. La quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani supera di 240 volte quella del 20% più povero della popolazione. In dieci anni il 10% più povero ha perso il 28% del suo reddito. Quasi un terzo! E su questa situazione, che a causa della pandemia Covid-19 è peggiorata, bisogna che ogni cittadino indiscutibilmente rifletta considerando le miserevoli diatribe politiche di questi giorni condotte per  eleggere il Presidente della Repubblica.

Il dipinto La morte di Socrate (1762) è di Jacques Philippe Joseph de Saint Quentin.

Francesco Giuliano


News-24.it è una testata giornalistica indipendente che non riceve alcun finanziamento pubblico. Se ti piace il nostro lavoro e vuoi aiutarci nella nostra missione puoi offrici un caffè facendo una donazione, te ne saremo estremamente grati.



Articolo precedenteComune : OK alle commissioni consiliari, ora si puo’ lavorare.
Articolo successivoSangalli e Acampora, Confcommercio: «Rielezione Mattarella è segnale forte di unità e responsabilità istituzionale»
Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).