Nel mezzo del cammin di nostra vita/ ci ritrovammo a fronteggiar un morbo oscuro/ché la vita vera l’abbiam smarrita./ Quanto a dir l’affanno e il duolo è cosa dura/ d’esto morbo malvagio assai/ ch’al sol pensier il cor s’arresta o si spaura./ Tant’è che morte certa a fronte nonché civil/ altrettanto amara s’appresenta. /Noi non sappiam come v’entrammo né d’altre cause naturali/ o d’esser vivente in terra. Certi siam però/ del danno o della beffa che sul tergo e nel cor gravosa è assai./Sempre in preda al maleficio, a paura e ansia per la bestia/ che fa tremar le vene e i polsi, in trepida attesa/del provvido e ancor benefico remedio. /Sicuri di colei che Donna di virtude e nobiltade appare /per cui la social specie eccede d’ogni consiglio o monito,/ pur di rampogne i potenti della terra, manigoldi imperialisti/,capitalisti e liberisti accoliti ch’a Caina ella destina/ all’Inferno agogna e arde siano dannati e arsi./ O Donna che per virtù e comuni intenti alto perlustri in terra, in cielo e altrove/ a noi benevola e misericordiosa il guardo volgi,/ tosto conduci l’umana specie a riveder le stelle….(gimaul)

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