Mario Mafai : Una Calma Febbre di Colori

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Mario Mafai

Una calma febbre di colori

 

 

 

 

di Sergio Salvatori

 

Il titolo Mario Mafai (1902/1965) “una calma febbre di colori”, si rifà ad una frase di Libero De Libero, poeta e critico d’arte, (nato a Fondi, Latina) che così in un suo testo (1930) né definisce la pittura. Mafai, un artista mai coinvolto dal boom del mercato, un maestro solitario che non smarrì col tempo l’afflato creativo. La sua storia è certamente legata alla città di Roma, alla sua profonda amicizia con Scipione e con Antonietta Raphael, con i quali alla fine degli anni ’20, costituì

“La Scuola di Via Cavour”. Del suo rapporto con Roma, parlano i dipinti del ciclo “Demolizioni”, raffinate meditazioni coloristiche che traggono spunto dagli sventramenti in atto nel Centro Storico, anch’esse presenti in una mostra (2005) che si svolse a Roma a Palazzo Venezia, e le vedute, i tetti e i mercati. I suoi lavori oltre che nei musei, risiedono soprattutto nelle case romane e rimangono brani di una poetica pittura. La scelta della sede per la mostra (2005) romana, propose Palazzo Venezia, luogo amato dall’artista, che né frequentava negli anni giovanili la biblioteca di storia dell’arte, in compagnia dell’amico Gino Bonichi (Scipione). Varie sono le opere di Mafai definite capolavori, come: “Lezioni di piano”, dipinto premiato (1935) alla II Quadriennale di Roma, dove Mafai ebbe una sua personale, “Modelli nello studio”, Premio (1940) Bergamo (Pinacoteca di Brera, Milano), il ciclo delle “Fantasie”, esposte subito dopo la liberazione di Roma “Arte contro la barbarie”, promossa “dall’Unità”; le opere già esposte (1948/1958) nella Sala Personale della Biennale di Venezia, quelle in mostra alla galleria “La Cometa” (fine anni ’30) e, a ”La Tartaruga” (’57 e ’59) dove si distacca dalla pura figurazione, per una nuova ricerca vibrante affidata al colore, fino ai segni astratti delle corde nei dipinti esposti alla galleria “L’Attico di Piazza di Spagna” 20, di Bruno Sargentini nel marzo del 1964, lucidissima testimonianza prima della sua morte, dove tra l’altro affermava: “Io non sono un altro. Ho soltanto rinunciato all’attaccamento affettivo verso le cose, alle piacevoli tessiture, ai pittoricismi squisiti; sono diventato più libero, più nudo e più io”. Giorgio Di Genova, infatti, afferma: “Mafai, che in tanti autoritratti ha indagato e scrutato la propria immagine, ci dà così il suo autoritratto interiore, l’unico ormai possibile”. Informazioni per ricerche su Mario Mafai: “Film, realizzato da Giorgio Cappozzo, che rievoca il profilo artistico e umano di Mafai”.

Palazzo Venezia, Biblioteca di archeologia e storia dell’arte, catalogo edito da Skira, a cura di: Giuseppe Appella, Fabrizio D’Amico, Claudia Terenzi, Netta Vespignani.

 


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