Scuola calcio, in un convegno a Latina il grande Giancarlo De Sisti è stato facile profeta

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La mancata qualificazione dell’Italia del pallone ai campionati mondiali in Quatar ha aperto un interessante dibattito sul futuro dello sport più amato dagli italiani. Quali i motivi di di una disfatta totale dopo aver conseguito il titolo di campioni d’Europa? Qualche qualificato esperto del settore ha affermato che il successo a Londra è stata solo una parentesi, il football italiano va rifondato partendo da basi nuove. Nove anni fa il Panathlon Club International di Latina e l’Unione Nazionale Veterani dello Sport hanno organizzato a Latina, al Teatro Ponchielli, un affollato convegno sulle dinamiche dello sport giovanile. E’ intervenuto Giancarlo Picchio De Sisti – uno dei più ammirati giocatori del passato – affermando tra l’altro: “Quando vedo un campo diviso in quattro parti con un totale di ottanta bambini che si allenano in contemporanea alla scuola calcio rimango di stucco, mi arrabbio e vado via immediatamente”. De Sisti ha centrato il problema. Non ci sembra che da quando le scuole calcio furoreggiano siano venuti fuori campioni del livello di quelli del glorioso passato. I nuovi Maradona, quasi certamente, non usciranno da questi ambienti, come sostengono con con convinzione gli studiosi di un fenomeno poco affrontato sinora. Le scuole calcio vanno migliorate sotto ogni aspetto, le società dovrebbero affidarsi ai migliori istruttori – ben retribuiti – senza improvvisazione nei metodi di allenamento. E’ normale esista un profitto economico quale fine ma senza esagerare da parte del club, permettendo a tutti di praticare lo sport, anche ai meno abbienti e ai disabili. Criticare un metodo non vuol dire che non bisogna promuovere lo sport e in particolare il calcio, passione nazionale. Ricordo perfettamente osservatori attenti che prelevavano i ragazzini dalla strada, dai campetti, dagli oratori, dalle palestre e gli facevano svolgere il classico “provino”. Non dimentico i manifesti affissi per le strade e nei bar con scritto “Viene indetta una leva per giovani calciatori”.Le cose sono cambiate. Alle scuole calcio, eccetto qualche eccezione, viene demandata – pagando spesso profumatamente quote mensili – la formazione di “fenomeni” che probabilmente non diventeranno tali. Uno degli effetti è l’allontanamento progressivo dall’attività sportiva da parte dell’adolescente deluso dalla selezione precoce, dal poco interesse nei suoi confronti, l’abbandono è abbastanza alto in Italia. L’ invadenza dei genitori e dei parenti fa il resto con modi che contrastano con l’etica, litigi con altri genitori, facili illusioni di vedere il figlio nella massima serie a guadagnare somme copiose. Dovrebbero domandarselo la Figc, ma anche la scuola dove le ore di educazione fisica settimanale sono poche.


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Paolo Iannuccelli è nato a Correggio, provincia di Reggio Emilia, il 2 ottobre 1953, risiede a Nettuno, dopo aver vissuto per oltre cinquant'anni a Latina. Attualmente si occupa di editoria, comunicazione e sport. Una parte fondamentale e importante della sua vita è dedicata allo sport, nelle vesti di atleta, allenatore, dirigente, giornalista, organizzatore, promoter, consulente, nella pallacanestro. In carriera ha vinto sette campionati da coach, sette da presidente. Ha svolto attività di volontariato in strutture ospitanti persone in difficoltà, cercando di aiutare sempre deboli e oppressi. É membro del Panathlon Club International, del Lions Club Terre Pontine e della Unione Nazionale Veterani dello Sport. Nel basket è stato allievo di Asa Nikolic, il più grande allenatore europeo di tutti i tempi. Nel giornalismo sportivo è stato seguito da Aldo Giordani, storico telecronista Rai, fondatore e direttore della rivista Superbasket. Attualmente è presidente della Associazione Basket Latina 1968. Ha collaborato con testate giornalistiche locali e nazionali, pubblicato libri tecnici di basket e di storia, costumi e tradizioni locali Ama profondamente Latina e Ponza, la patria del cuore.