Titolo: Doctor Sleep
Regia: Mike Flanagan
Soggetto: Stephen King (dall’omonimo romanzo)
Sceneggiatura: Akiva Goldsman, Mike Flanagan
Musiche: The Newton Broters
Produzione Paese: USA, 2019
Cast: Ewan McGregor, Rebecca Ferguson, Kyliegh Curran, Carl Lumbly, Cliff Curtuis, Zahn McClamon, Bruce Greenwood, Jacob Tremblay, Emily Alyn Lind, Carel Struycken, Jocelin Donahue, Nicholas Pryor, Carl Lumbly, Alex Essoe, Henry Thomas, […]
Il mondo è un posto affamato, un posto oscuro. Ho conosciuto due o tre persone come noi e sono morte! Da ragazzino mi capitavano delle cose, non lo so se è magia, io l’ho sempre chiamata ‘luccicanza’. In questa frase recitata dal protagonista Dan Torrence (Ewan McGregor) è racchiusa la sintesi di questo singolare Doctor Sleep, film horror fantasy, sequel del film Shinning (1980) di Stanley Kubrik, diretto dal regista Mike Flanagan. Esso lascia lo spettatore continuamente desto e col fiato sospeso, in attesa di sapere come vada a finire, per tutta la durata del film di 150 minuti. È vero che il Doctor Sleep è popolato da personaggi fantastici, fenomenali e irreali: come la terribile e cattiva, ma bella, Rose il cilindro (Rebecca Ferguson), che dirige la banda criminale The True Knot che viaggia lungo tutto il territorio statunitense per rapire e uccidere bambini da cui assorbire la luccicanza; o come il brutto e malvagio nonno Flick (Carel Struycken) che ne è l’esponente storico; o, perfino, come Abra (Kyliegh Curran) che sbalordisce Rose perché ha un potere sovrumano superiore a quello suo, con cui la contrasta e cerca di vincerla. Ma è anche vero che, in effetti, il film descrive la realtà vissuta da Dan che, ancora bambino, non sapeva come va il mondo quando la sua immaginazione era colta da una profonda paura che emergeva soprattutto durante il sonno (the sleep). E quell’immaginazione, infatti, gli aveva creato dei fantasmi negativi che gli avevano segnato la vita e da cui non era riuscito a liberarsi diventando alcolista: Quando ero bambino c’era un posto, un posto oscuro, poi l’hanno chiuso, lasciandolo marcire, ma le cose che vivevano lì … quelle ritornano. Sosteneva il critico cinematografico Fernaldo di Giammatteo, che i sogni sono reali come reale è il mondo: entrambi raggiungono l’uomo attraverso la mediazione dei sensi, ed entrambi possono essere scientificamente appresi. Il film, se pur fantastico, affronta un problema umano che è reale, come asseriva il linguista russo Jurij Lotman, secondo cui qualunque sia l’avvenimento immaginario che si svolge sullo schermo, lo spettatore ne diventa testimone oculare e, in un certo senso, compartecipe. Perciò, pur rendendosi conto della realtà di quanto sta accadendo, egli lo vive emotivamente, come se fosse un fatto vero. Concezione questa avvalorata anche dal filosofo austriaco Ernst Mach, il quale affermava che non ha un senso scientifico la domanda spesso posta se il mondo sia reale o se sia solo un nostro sogno. Anche il sogno più confuso è pur sempre un fatto, come qualsiasi altro.
Il film contiene, quindi, una perspicace riflessione sulle sofferenze degli individui, buoni o cattivi, causate da prepotenze subite e da fisime di gioventù così profondamente radicate in loro da non potersene liberare se non cancellandole momentaneamente con mezzi come l’alcool, perché la vita è come una lavagna su cui si può scrivere ciò che si vuole e l’alcool ne è il cancellino. E lo fa con un linguaggio semplice, accessibile a tutti e con la metodologia metaforica – il fiuto del gatto che preannuncia la morte, l’Overlook Hotel in cima alla montagna che brucia completamente, il bosco, il vasto labirinto da cui non si può scappare, ecc. -, per fare ottenere una maggiore comprensione allo spettatore oltre ad assicurarne un sano divertimento.
Filmografia
Makebelieve (2000), Still Life (2001), Ghosts of Hamilton Street (2003), Absentia (2011), Oculus – Il riflesso del male (2013, Somnia (2016), Il terrore del silenzio (2016), Ouija – L’origine del male (2016), Il gioco di Gerald /2017).
Francesco Giuliano
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