Tratto da appunti di Enzo Di Giovanni, che ho estrapolato dal sito Ponza Racconta
E’ un autunno mite, il tempo è variabile come il nostro umore, la “vita sociale” è tra parentesi, perché già lo è di norma, figuriamoci in questo periodo.
Gli unici bagliori sono sui social, in cui si cerca di fare chiarezza tra le varie norme di contenimento del virus, in verità a volte abbastanza astruse, come nel caso della scuola.
E allora vi propongo una testimonianza di 130 anni fa, con tanto di corollario complottista, perché munn jer, munn jè, e munn sarrà…
“Il clima di Ponza è mite, e lo sarebbe ancora di più se l’essere esposta ai troppo frequenti venti, non lo rendessero variabilissimo… L’incostanza della temperatura è sovente causa di incomodacci, infermità di poco conto; ma d’altra parte i venti scongiurano di certe malattie contagiose, rinnovando l’aria e portando altrove i morbi. Ciò si è verificato l’anno 1887 allorché nel mese di ottobre si presentarono alcuni casi di colera, che fecero vittima tre coatti: altrettanti paesani furono colpiti; ma salvi, certo dalle premure delle loro proprie famiglie, e da cure che i maggiori mezzi permettevano. Presentossi il colera, dico, ed al terribile nome un timor panico invase l’intera isoletta. Prontamente si adottarono mezzi energici per impedirne la propagazione, intanto qualcuno della bassa plebe andava sotto voce mormorando di non so qual ordine segreto giunto da fuori di eliminare in parte il popolino per non dovergli dare pane; di conseguenza sospetti contro untori immaginari, e timore che non si corrompessero le acque ed i principali generi mangerecci; odii contro le persone altolocate e sorde minacce di vendetta.
Per consiglio di prudenza fu schierato di picchetto quasi tutto il pelottone di fanteria nelle prossimità dell’ospedale, ma fortuna volle che lo spaventevole morbo, a sua volta spaventato, se ne andasse pago di così poca preda.
I sospetti, gli odi e le tacite congiure tacquero per dar posto alla calma primitiva…” (*).
Letteralmente “mondo era, mondo è, mondo sarà: modo popolare per dire che in fondo non cambia mai nulla, nella storia dell’uomo.
(*) – Tratto da Impressioni, opera di Gabriella Moriondo. Nata a Milano, conseguì a Genova il diploma di maestra di scuola. Ad appena vent’anni accettò l’incarico di insegnamento a Ponza, nel 1887. A Ponza si sposò nel 1897 con Giovanni Coppa, che ricoprì anche il ruolo di sindaco, oltre che di notaio. Il figlio Ezio divenne docente universitario di Medicina del Lavoro e deputato dell’Assemblea Costituente e della Camera.
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