Nell’evoluzione del concetto di atomo c’è un susseguirsi di modelli che non esprimono una realtà ontologica

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Albert Einstein sosteneva che “Il mondo è il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo il nostro modo di pensare”. Dando per attendibile questa opinione ne segue che gli atomi appartengono al mondo perché essi sono prodotti del nostro pensiero. Se non viene, tuttavia, modificato il nostro modo di pensare relativo al mondo e quindi agli atomi, questi non possono essere cambiati.

Circa 24 secoli fa il filosofo greco antico Protagora (490 – 411 a.C.?) sosteneva che la realtà (e quindi il mondo) non è unica ma molteplice, complessa; la verità (che deriva dal mondo) non è oggettiva ma soggettiva: la conoscenza accade nell’uomo, non fuori di lui, e dunque l’uomo, con tutti i suoi condizionamenti soggettivi, è l’unico vero strumento di misura per la verità: e la verità consiste nel rapporto dialettico con la realtà che ogni singolo individuo instaura di volta in volta. Tutto compendiato nella frase che sta alla base del relativismo e nella dialettica: L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono.

Alla luce di quanto detto, anche  il filosofo tedesco Hugo Dingler (1881 -1954) in Storia filosofica della Scienza (Longanesi & C) ritiene che … gli atomi sono misurazioni esplicative da noi poste, le quali possono trovare occasionale realizzazione, ma rappresentano sempre e soltanto uno stadio temporaneo di scomposizione della realtà, che con il progresso della spiegazione deve cedere ad un altro stadio più raffinato: giacché la loro realtà non è ontologica, ma solo esplicativa e, in quanto atomi, solo relativa. Ed a proposito di ciò, il linguista e filosofo Silvio Ceccato (1914 -1997), nella prefazione del suddetto saggio, riporta questo esempio: Chi parla di «foglie» indubbiamente ha posto una uguaglianza, così come chi afferma che non c’è sulla terra una foglia che sia del tutto uguale a un’altra, ha posto una differenza. La legge è  universale nel senso che se non cambiamo il modello esso non si cambia certo da solo.

L’atomo, concepito come l’unità più piccola e indivisibile della materia, nel V secolo a.C. dal filosofo greco Leucippo e ripreso prima dal suo allievo Democrito (460 -370 a.C.) e poi da Epicuro (341 – 270 a.C), è stato usato come concetto, universalmente accettato, necessario per descrivere la realtà a partire dalla formulazione della Teoria atomica (1803) del chimico inglese J. Dalton (1766 – 1834), basata su cinque postulati che hanno costituito le fondamenta della chimica classica fino al 1935. Anche la scoperta del moto browniano fatta dal botanico scozzese Robert Brown (17734 – 1858) nel 1827, che, osservando al microscopio alcuni granelli di polline sospesi nell’acqua, vide piccolissime particelle in moto caotico e incessante, avvalorò tale teoria; lo stesso moto Brown lo notò nelle particelle di polvere sospese in acqua. Questa scoperta, infatti, venne reiterata successivamente, in diversi esperimenti, dal professore di chimica-fisica dell’Università di Parigi, Jean-Baptiste Perrin (1870 – 1942), che scrisse: La chimica è l’arte di spiegare i fenomeni visibili ma incomprensibili per mezzo di oggetti invisibili ma facilissimi da comprendere: gli atomi, nel libro Les atomes (1913). Nell’introduzione di questo saggio, il fisico Carlo Bernardini (1930 – 2018) ha scritto che quest’opera è una summa di quello che la nostra scuola non dà. È una mentalità che ci manca, un rigore che coincide con l’amore per la realtà: il pensiero deve saper essere sovrano, non può esprimersi contro le cose e i fatti.

Ma ciò che è stato ipotizzato e poi “visto” effettivamente corrisponde al modello con cui viene rappresentato l’atomo? Il fisico austriaco Ernst Mach (1838 -1916), infatti, diceva: Gli atomi? Chi li ha mai visti? Le prove sperimentali confermano l’esistenza degli atomi, come unità particellari che costituiscono le basi della chimica, tra cui le leggi fondamentali: la legge di Lavoisier (1743 – 1794) o di conservazione della massa nelle trasformazioni chimiche; la legge di J. Proust ( 1754 -1826) che definisce un composto chimico, la legge di Dalton (1766 – 1844) che conferma la legge precedente ma è relativa ad una coppia di elementi che danno più composti, e la legge dei volumi di combinazione di Gay-Lussac (1778 – 1850) relativa ai gas. I modelli, tuttavia, con cui è stato rappresentato l’atomo sono stati in continua evoluzione. Basti pensare che con l’avvento della meccanica quantistica, agli inizi del XIX secolo, la sequela dei diversi modelli atomici ipotizzati (Dalton, Thomson, Nagaoka, Rutherford, Bohr-Sommerfeld), dovuta a modifiche derivanti da verifiche sperimentali, ha segnato una battuta d’arresto. Il modello quantistico, infatti, andando al di là di ogni concreta raffigurazione, nella misura in cui l’elettrone può essere o particella o onda (come dottor Jekill e mister Hide), viene descritto con una funzione d’onda, il cui quadrato definisce la regione dello spazio – l’orbitale – attorno al nucleo, in cui si ha la massima probabilità di rivelarlo.

Da un modello molto semplice – l’atomo democriteo prima e l’atomo daltoniano poi – qual è una sferetta infinitesima indivisibile, si passa ad un modello raffigurato come qualcosa che assomiglia al sistema planetario – l’atomo di Bohr -,  in cui si distinguono i componenti fondamentali – protoni, neutroni ed elettroni, – con la perdita dell’indivisibilità postulata originariamente, e, da questo, infine si passa all’atomo quantistico che va oltre ogni ordinaria immaginazione.

L’evoluzione del concetto di atomo riguarda, dunque, un susseguirsi di modelli che non esprimono una realtà ontologica, tant’è che nel 1960, il fisico teorico Eugene Wigner (1902 – 1995) sosteneva una teoria sulla meccanica quantistica secondo la quale la coscienza dell’osservatore determina l’esistenza. In definitiva le leggi della meccanica quantistica sono corrette, ma c’è solo un sistema che può essere esaminato con tali leggi, cioè l’intero mondo materiale. Esistono «osservatori» esterni che non possono essere studiati all’interno della meccanica quantistica, vale a dire le menti umane, che eseguono misurazioni sul proprio cervello causando il collasso della funzione d’onda.

Francesco Giuliano


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).