ROMA – Non passa ora che non riservi sorprese nella tragicomica vicenda del governo che non c’è. Dopo la rottura tra Di Maio e Salvini da una parte e il Presidente della Repubblica Mattarella che aveva cassato il nome di Paolo Savona quale ministro dell’economia, sembrava che il paese si avviasse dritto spedito verso le elezioni anticipate di metà estate con i mercati internazionali terrorizzati dall’ipotesi e la speculazione già allettata dal rialzo dello spread.
Nemmeno la precipitosa chiamata di Cottarelli, uomo di fiducia dei mercati e del Fondo Monetario Internazionale, sembrava poter rassicurare le borse.

Poi il colpo di scena con Di Maio che pur di non abdicare al mito del ‘Governo del Cambiamento, o forse più prosaicamente alla sua leadership nel Movimento Cinque Stelle, passa dalla richiesta di impeachement per il Capo dello Stato alla più conciliante ipotesi di un ridimensionamento del ruolo di Savona nell’esecutivo con lo spostamento ad un ministero meno ingombrante di quello dell’economia.
Ne parleremo risponde Salvini che però mostra una certa freddezza rispetto alla proposta di Di Maio, mentre Mattarella fa sapere che il Qurinale sta valutando con attenzione.
Cottarelli intanto va avanti anche se la sua ipotesi di Governo nasce già morta in partenza.
A Salvini conviene andare alle elezioni, prendersi la leadership del Centro Destra sfruttando al contempo il ritorno in campo di Berlusconi che insieme alla grande avanzata della Lega nei sondaggi potrebbe davvero consentire alla coalizione di superare la fatidica soglia del 40% stabilita dal Rosatellum per il premio di maggioranza che consentirebbe un governo autonomo.

Nel campo dei Cinque Stelle poi non va sottovaluto il fattore Di Battista. Lui il barricadero ha già fatto sapere che in caso di elezioni sarà al fianco di Luigi, ma forse sarà meglio dire che sarà lui il futuro candidato premier dei Cinque Stelle.
I tutto questo in serata arriva la notizia che Moody’s ha messo sotto revisione ben 12 istituti di credito italiani tra cui Unicredit e Intesa San Paolo.
Dunque, mentre le Borse rifiatano e lo spread si raffredda, arriva un altro avvertimento dall’estero all’economia italiana nei giorni che precedono il 2 giugno: la festa della nostra martoriata Repubblica che oggi non appare così democratica se continua a piegarsi ai diktat di Bruxelles, dei suoi tecnocrati e delle agenzie di rating.


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