L’angolo delle curiosità: Letteratura

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La letteratura non è nata il giorno in cui un ragazzo, gridando al lupo al lupo, uscì di corsa dalla valle di Neanderthal con un gran lupo grigio alle calcagna: è nata il giorno in cui un ragazzo          arrivò  gridando al lupo al lupo, e non c’erano lupi dietro di lui.  (Giorgio Manganelli)

L’Innominato, personaggio importante dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, è una delle figure più potenti della letteratura italiana. A lui sono dedicati cinque capitoli del romanzo, attraverso i quali lo scrittore ci fa entrare nell’animo di questo uomo che nel buio della notte si dispera per una vita dedita al male, e all’alba rinasce a vita nuova, ritrovandosi nell’abbraccio del cardinale Federico. Nelle pagine memorabili dello scrittore milanese emerge la statura dell’Innominato in tutta la sua complessità, grandezza e nobiltà.

L’opera Ulisse di James Joyce, pubblicato il 2 febbraio 1922, è un capolavoro enigmatico e monumentale che per complessità, innovazione, stratificazioni di significati, non ha uguali nella storia della letteratura. L’autore dublinese iniziò a scrivere il romanzo a Trieste, città in cui visse quasi ininterrottamente tra il 1904 e il 1915. L’Ulisse può essere considerato un romanzo profetico perché prevede il futuro, anticipa scenari che troveranno un riscontro nel mondo in cui oggi viviamo.

James Joyce trascorse a Roma, capitale del Regno d’Italia, sette mesi e sette giorni, dalla fine di luglio del 1916 all’inizio di marzo del 1917. Il genio irlandese proveniva dall’amata Trieste. Nei mesi romani scrisse una famosa battuta: «Roma mi fa pensare a un uomo che si mantiene esibendo ai turisti il cadavere di sua nonna». Joyce durante il suo soggiorno romano abitò in una casa di Via Frattina dove c’è una targa commemorativa che recita: «In questa casa romana,/ dove abitò dall’agosto al dicembre del 1916/ James Joyce /esule volontario/ evocò la storia di Ulisse/ facendo della sua Dublino /il nostro universo».

Ha scritto lo scrittore e critico letterario Emanuele Trevi: «che cosa è il mondo per Joyce se non l’infinito delle parole che lo designano e ne rendono possibile il ricordo? Le parole sono per Joyce quello che gli atomi erano per i materialisti antichi come Epicuro e Lucrezio: le cellule della realtà che continuamente si ricombinano in nuove forme. Con la differenza che per quegli antichi pensatori la forza che aggregava e disgregava gli atomi era il caso, mentre per Joyce il principio fondamentale che muove la macchina del mondo è l’associazione delle idee: la più sorprendente delle muse.

Secondo lo storico ed erudito francese della letteratura Marc Fumaroli (1932-2020) Guerra e pace di Lev Tolstoj è «una moderna Iliade cristiana, ove il destino implacabile di Omero, che governa gli uomini e gli dei, è trasferito e assorbito nel mistero del Dio d’amore cristiano, sopra la storia degli uomini»; nel suo fondo il capolavoro di Tolstoj è «una epopea cristiana ispirata dall’orrore della guerra».

Ha dichiarato in una intervista lo scrittore romano Giorgio Montefoschi, che ha vinto il Premio Strega nel 1994 con La casa del padre, che «Marcel Proust attraverso la scrittura voleva appropriarsi di tutto il mondo: un paralume, i fiori, un biscotto, gli alberi, una voce, una veduta. Tutto per lui  era degno di trasformarsi in una scrittura».

Elsa Morante era secondo lo scrittore Giorgio Montefoschi un personaggio difficile, prepotente, ma dotata di un fascino assoluto. È stata una grande scrittrice. Menzogna e sortilegio e L’isola di Arturo sono libri straordinari. La Storia è stato il libro della maternità mancata. Nel piccolo Useppe ha immaginato il figlio che non ha mai avuto. Elsa Morante diceva che bisogna scrivere solo i libri che cambiano il mondo. Era convinta che i suoi libri lo avrebbero cambiato.

 


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